Sonia De Castelli, dentro e fuori il palco e la tv

Sono due i complimenti che più la fanno sorridere e, contemporaneamente, la rendono orgogliosa. “Lei mi piace perché ‘a l’è agricula’ mi ha detto un giorno un signore. E per me che arrivo dalla Liguria essere considerata una ‘dei vostri’ è davvero un onore e un piacere”. E l’altro? “Quando mi hanno detto che vado bene sempre, dal pannolino al pannolone”.

Sonia De Castelli, savonese d’origine e cerverese di adozione, è cantante e presentatrice, organizzatrice e buona cuoca. Eclettica e entusiasta, sempre sorridente e “alla buona - dice -. Probabilmente è per questo che dopo tanti anni sono ancora qui”. Quel “qui” è un po’ ovunque in Piemonte, sui palcoscenici di feste e fiere come cantante, sullo schermo di Telecupole che ha appena avviato una nuova edizione di Ballando le Cupole ancora condotta da lei (insieme a Piero Montanaro) dopo 18 anni, a intervistare e condurre manifestazioni, convegni e eventi di vario genere.

Quale delle mille sfaccettature del tuo lavoro preferisci? Se devo decidere come prima cosa metto presentatrice, soprattutto quando significa stare in mezzo alla gente. Ecco, questa è la cosa che in assoluto preferisco di più. Ovviamente cantare rimane una grande passione, quella che mi ha consentito di fare tutte le cose che faccio ora. 

Hai sempre desiderato fare questo mestiere? Affatto, da ragazzina volevo fare l’insegnante di inglese, ho fatto l’università a Genova. Dicevo, senza sapere bene quale fosse la realtà, che volevo fare l’insegnante per fare tre mesi di vacanza. Vedi il destino beffardo, la vita dove ti porta: i mesi estivi sono proprio quelli in cui io da 30 anni non ho neanche un giorno di tregua.

E come ci sei arrivata sul palco? Grazie all’oratorio a Savona, dove ho trascorso intere giornate, e al prete che lo gestiva: era un appassionato di teatro e di arte e organizzava recite e spettacolini. Mi ha messo sul palco che ero bambina e ho scoperto che ci stavo a mio agio. Da ragazzina, poi, cantavo nel complessino della città. Piano piano è diventato il mio lavoro, ma non c’è stato un momento esatto in cui ho capito che sarebbe stata la mia strada.

Come è stata questa prima stagione estiva post Covid? Entusiasmante, e estenuante. Solo ad agosto ho fatto 28 date, spesso due in un giorno, in posti diversi. È ripartito tutto a pieno regime. La gente ha voglia di condividere e stare insieme, ha risposto a qualsiasi proposta. Ho girato quasi tutto il Piemonte. Ho anche collaborato molto con altri artisti, come Loris Gallo, Piero Montanaro, Pino Milenr, Fiorenzo Tassinari sassofonista di Raul Casadei. Il Covid ha allargato la “famiglia”, e questo aspetto è stato (forse l’unico) bello.

Il genere musicale che fai per alcuni è vecchio, “fermo”. Cosa ne pensi? Molti lo snobbano e lo ritengono di serie C, e invece ci vanno professionalità e bravura e deve essere fatto bene perché i ballerini non perdonano. Ormai le orchestre non fanno più “un-due-tre”, il pubblico chiede di tutto, le hit dell’estate, i balli di gruppo, le bachate... Alcuni lo definiscono un genere per vecchi, ma io sono 30 anni che faccio questo lavoro e alla fine le serate sono sempre piene.  Finché si mangia, si balla e si ride non finirà mai questa realtà delle feste patronali.

Molti degli eventi a cui partecipi sono organizzati da Pro loco, motore di tanti territori… Chi porta avanti queste tradizioni delle feste porta avanti la storia, la cultura, la vita di un paese. Senza si perderebbero pezzi di un puzzle sociale. I volontari danno l’anima, sono felice di vedere anche molti giovani e ragazzini che si mettono a disposizione. Rispetto alla Liguria mi sembra ci sia più attaccamento e entusiasmo per tutto ciò.

La gente ti vede in tv e poi in giro. Come si comporta? Ti parla come se fossi la vicina di casa, o l’amica di vecchia data alla quale si può dire tutto. C’è un signore, un uomo, di Sant’Anna di Rivarolo che quando mi incontra mi sgrida se mi vede con i vestiti a 3/4; gente che mi ferma al mercato per dirmi che il tal vestito mi stava bene o mi ingrassava: sul tema, sia messo a verbale che la tv abbassa e ingrassa (ride, ndr). La mia parrucchiera, che è sponsor da sempre, mi dice “il giorno dopo ho 50 persone che vengono a dirmi così sì, così no…”, ha sempre un po’ di ansia da prestazione con tutti questi occhi puntati.

Fai parte della famiglia di Telecupole da diciott’anni, un bel traguardoTelecupole è una risorsa enorme per il territorio e vive per il territorio. Mi ha permesso di incontrare tante persone, di fare un lavoro che amo e anche di divertirmi moltissimo.

Come scegli i tuoi look? È la 18ª edizione di “Ballando le Cupole”, ci sono 33 puntate a stagione, non ho mai messo lo stesso vestito due volte. Prima avevo qualche negozio sponsor, ma anche quei negozi “esauriscono” l’offerta quindi mi arrangio tra internet e svendite in giro per l’Italia. Il mio problema è lo smaltimento: avrò 600 abiti, stoccati su relle, protetti da cellophane e catalogati; un armadio è per le scarpe. Ho anche pensato di creare un’app solo per chi fa il mio mestiere e magari fare uno scambio tra nord e sud, dove questo tipo di abiti li usano anche per le cerimonie.

In 30 anni di lavoro hai girato l’Italia e il mondo, incontrando tantissime persone, più o meno notePartecipando a innumerevoli manifestazioni ho presentato tanti artisti anche degli anni passati, Tony Dallara, Spagna, Fiordaliso, Mal, Jhonny Dorelli, i Ricchi e Poveri. Uno mi fa sempre sorridere: all’epoca ero in orchestra con Omar Codazzi e facevamo 5/6 mila persone nel pubblico. La Luxottica ci ha invitato ad esibirci e ci ha detto “poi c’è anche un quartetto di musica moderna”. Entrati in camerino abbiamo trovato Roby Facchinetti e i Pooh che si presentavano a noi sbucciando un kiwi. Questo lavoro mi ha anche permesso di girare il mondo, nei viaggi organizzati. A volte suoniamo negli hotel, altre animiamo il salone della nave. Si crea un rapporto di amicizia con le persone che ti guardano in tv o sul palco e poi fanno la vacanza con te. È molto bello.

C’è qualche tua/o collega che apprezzi particolarmente? Secondo me è importante percepire chi è costruito e chi è spontaneo. La Clerici è solare, la Carlucci elegante, apprezzo e critico qualcosa di tutte, come gli altri faranno con me. In generale mi piacciono un po’ più gli uomini, penso ad esempio a Amadeus o Carlo Conti. Mi piaceva Mike, Enzo Tortora etc… Quelle troppo scollate non le guardo neanche: bisogna essere brave, non mezze nude. 

A tal proposito: quanto lavoro serve a diventare brave? Per il canto ci va dello studio, o non riesci fisicamente a reggere a lungo. Per quanto riguarda il lavoro da presentatrice la preparazione serve, ma fino a un certo punto, perché non sai mai quali saranno le risposte che riceverai. Servono tanto allenamento, essere curiosi e un bagaglio culturale un po’ ampio. Mi è capitato di andare a presentare convention di cui io ero proprio digiuna. Ci va la capacità di improvvisare, e quella è una dote.

Hai incontrato giovani che ti hanno detto di voler fare il tuo mestiere? Moltissime, e questo mi fa ben sperare per il futuro: a loro consiglio di studiare e poi formare il carattere, la personalità… Nel mio lavoro, sul palco come in tv, non serve essere un fenomeno. Ci vanno il sorriso, la battuta, contano più la convivialità e la capacità di ridere di se stessi che la tecnica perfetta. Un amico mi dice sempre: se sbagli una nota, sbagliane un’altra e poi di’ che è jazz.

Ami molto cucinare, cosa ci prepari per cena? Farei una valanga di antipasti, di tutti i tipi, poi un bel risotto ai frutti di mare. E poi mi vengono bene i dolci. Io sono brava all’inizio e alla fine del pasto. D’altronde nella musica dicono che quando hai una bella intro e una bella coda la canzone è a posto. Secondo me anche nella cucina è così.