“Cosa vuol dire disperso: non vivo o non morto?”

Toccante serata con Marita Rosa e la storia dello zio Nale alpino nella campagna di Russia

Le storie di Marita Rosa appassionano e sanno arrivare al cuore della gente. Tanta quella presente giovedì sera 3 novembre nella biblioteca comunale per conoscere l’ultimo romanzo scritto dalla scrittrice di origine trinitese da anni residente a Margarita. Ad accompagnarla in questa serata il coro degli alpini “Ivo Tosatti, Silvia Odasso, la voce che dà vita alle parole scritte dall’autrice, e Giorgio Ferraris sindaco di Ormea e storico che ha aiutato Marita Rosa a completare alcune tessere della storia di zio Nale, uno dei tanti giovani dispersi nella tragica campagna di Russia protagonista del libro “Dove c’era la ferita”, edito Primalpe. Ma la vera protagonista di questa toccante serata è stata nonna Maria, vero emblema della struggente speranza materna che ha atteso il ritorno del figlio fino alla fine dei suoi giorni. “Tengo la porta di casa aperta giorno e notte - diceva nonna Maria -. Può arrivare lui, ma anche qualcun altro che ha bisogno. Quando aiuto gli altri, penso che magari in Russia qualcuno sta aiutando ël me matòt”. “Perché zio Nale non è nell’elenco dei morti ma dato per disperso - sottolinea Marita Rosa -. «Ma cosa vuol dire disperso? Non vivo o non morto?» Si chiedeva nonna Maria”. Perché hanno dato per dispersi per molto tempo coloro che non sono mai tornati? “Sono stati gli avvoltoi della politica - spiegava Nuto Revelli all’autrice -, gli attivisti della destra fascista e della destra democristiana a falsificare la storia. Nel ’43, volendo nascondere l’entità della sconfitta, affermarono che i dispersi erano tutti vivi e che sarebbero tornati solo quando i comunisti russi l’avrebbero voluto… Dopo l’8 settembre ben pochi hanno potuto raccontare quello che era realmente accaduto: che i tedeschi in Russia ci avevano abbandonati e a colpi di baionetta allontanavano i feriti che cercavano di aggrapparsi ai loro camion per un passaggio. Se le madri avessero saputo avrebbero strozzato con le loro mani chi aveva mandato a morire i loro figli!”. Zio Nale, classe 1922, è partito da Garessio per la Russia il 29 dicembre del ’42. Era negli alpini, battaglione Complementi, 601ª Compagnia. “Li hanno fatti partire - spiega Ferraris - quando era già in atto la disfatta. Li hanno mandati allo sbaraglio con un fucile della Prima guerra mondiale, il modello 91. Senza un vestiario adeguato come scolaretti in gita. Al fronte era già in atto l’accerchiamento da parte dei russi. La compagnia Complementi guidata dal capitano Adolfo Mazzini fu mandata in marcia a Rossosch dove furono accerchiati e attaccati dai T34. Grandissima parte degli alpini morì il 16 gennaio, poche settimane dopo la partenza dall’Italia, colpiti dal fuoco delle mitragliatrici o stritolati dai cingoli dei carri armati. Dei 1.300 che erano partiti ne tornarono a casa solo 46”. Le perdite della Cuneense furono 15.650. Marita Rosa nel chiedersi se ha senso a distanza di anni continuare a scrivere della storia trova la risposta nelle parole di Nuto Revelli da “La strada del Davai”: “Ha senso guardare le vecchie ferite mal cicatrizzate o ancora aperte? Non avrebbe senso se l’Italia fosse definitivamente guarita dai mali di allora, ma troppi virus infettano ancora l’Italia di oggi”.