La vera partita

Anche chi non è un appassionato di calcio, o di sport in genere, ha negli occhi l’abbraccio di Vialli con Mancini, l’amico di sempre. O ricorda le sue gesta sportive, i suoi sorrisi. E le sue parole quando con coraggio e consapevolezza ha più volte parlato del tumore, compagno di viaggio “indesiderato”. Quel male che, diceva, “c’è, e posso solo sperare che un giorno si stanchi, scenda e mi lasci proseguire il mio viaggio”. Non è stato così, nonostante la lotta, l’impegno, le cure, la speranza fino all’ultimo. Perché così è, talvolta, nella vita. Anche per un campione come lui. Ma c’è una cosa che Gianluca ha insegnato a tutti, anche a chi non è appassionato di calcio, a chi guarda le partite solo se ci sono i Mondiali o la Champions. Anche a chi di sport ne sa poco o niente. Ha insegnato, con eleganza, con forza e compostezza, che la partita vera non è questione del risultato finale. Che non si vince solo se si manda a casa lo sfidante. E che non contano soltanto le classifiche. La partita, la vera sfida, è come si affronta il “durante”, come si giocano tutti i minuti che abbiamo a disposizione. Potente! Sì, perché non è così consueto in questo mondo fatto di classifiche, di primi posti sul podio, di numeri e di promozioni, di talento utilizzato per primeggiare. Ma la vita è qualcosa di immensamente più grande di una classifica o di un podio. Ecco perché pur essendo un grande atleta, uno che la gara ce l’aveva nel sangue, non ha mai parlato del suo male come di una partita. Ma la partita della vita, quella sì, l’ha giocata dal primo minuto al fischio finale.