“Caro carburanti”, arriva il decreto

Il Governo Meloni reintroduce l'«accisa mobile» e conferma i bonus, ma è scontro con i benzinai

Un “decreto carburanti”, che contrasti eventuali nuovi rialzi e confermi il “bonus” che i lavoratori dipendenti possono usare quando “fanno il pieno”. Il Governo Meloni ha reagito così al primo “caso” da cui è stato travolto. Dal momento che l’attuale Esecutivo non ha confermato il taglio sull’accisa che aveva ridotto il prezzo di benzina e gasolio dopo l’impennata della scorsa primavera, per gli automobilisti passare al distributore significa, di nuovo, spendere cifre elevate: di qui le proteste, a cui il nuovo provvedimento di legge cerca di dare delle risposte.

Con il “decreto Carburanti”, torna - di fatto, l’«accisa mobile», uno strumento già introdotto dalla Finanzia del 2008: se il prezzo del petrolio aumenterà ancora, il maggior gettito incassato dallo Stato tramite l’Iva verrà destinato a provvedimenti che consentano di ridurre il prezzo finale, alla pompa, così da mitigare l’effetto dell’aumento. È stato inoltre prorogato fino alla fine dell’anno il “bonus carburante” di 200 euro previsto per i lavoratori dipendenti: il datore di lavoro decide se assegnarlo o meno ai propri dipendenti, e l’importo non viene tassato.“Sì” anche al bonus di 60 euro per l’abbonamento al trasporto pubblico locale e ferroviario, destinato alle persone con redditi inferiori a 20mila euro.

In parallelo si rafforza, con le nuove norme, la figura del Garante per la sorveglianza dei prezzi, che sarà affiancato dalla “Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi”. A questa commissione il garante potrà ricorrere  “per coordinare l’attivazione degli strumenti di monitoraggio necessari all’individuazione delle ragioni dell’anomala dinamica dei prezzi sulla filiera di mercato”. La volontà, in altre parole, è quella di portare alla luce eventuali fenomeni di speculazione.

Sempre nell’ambito di questa “operazione trasparenza”, il stabilisce che il prezzo medio dei carburanti, su base regionale, sia pubblicato sul sito del ministero delle Imprese e del “made in Italy” e che i benzinai, a loro volta, debbano pubblicare questi prezzi medi insieme con quelli da loro praticati. Per i trasgressori, sono previste sanzioni da 500 a 6.000 euro; dopo la terza violazione, “può essere disposta la sospensione dell’attività per un periodo non inferiore a sette giorni e non superiore a 90 giorni”.

Proprio l’importo delle sanzioni ha inasprito lo scontro con le associazioni di categoria che rappresentano i benzinai, con cui i rapporti erano tesi ormai da settimane: i gestori degli impianti accusano il Governo di aver tentato di addebitare a loro la responsabilità dell’aumento dei prezzi. Al momento non è però confermato lo sciopero che era previsto  per il 25 e 26 gennaio.