“Babylon” – “Good morning Tel Aviv”

Babylon

BABYLON
di Damien Chazelle; con Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jean Smart, Jovan Adepo. Usa, 2022, durata 183 minuti.
Hollywood, 1926. Durante una festa che più laida e trasgressiva non si potrebbe Nellie LeRoy (una sfrenata Margot Robbie) e Manny Torres (Diego Calva) si incontrano, e per il giovane messicano è amore a prima vista. Nel caos sfrenato della festa Manny fa la conoscenza anche di Jack Corran (Brad Pitt), star del cinema muto e grazie a lui entra nel mondo della produzione. Pochi mesi dopo, l’approdo in sala di “Il cantante di jazz” (1927), primo film sonoro della storia, darà vita ad una sorta di rivoluzione copernicana che travolgerà attori, registi e autori costringendo il cinema ad una profonda ridefinizione dei propri standard produttivi. Da questa bufera Jack e Nellie, apparentemente spavaldi ma in realtà incredibilmente fragili, verranno travolti, ed anche Manny pagherà un prezzo salato.
Opera caleidoscopica ed ambiziosa che non riesce a mantenere ciò che promette, “Babylon” è un film che fa dell’eccesso la propria regola e, ahinoi, in ragione di ciò esce dai binari e deraglia. Eccessivo nella durata, 183 minuti, eccessivo nella sovrapposizione dei temi - l’amore tra Manny e Nellie, l’amicizia tra Jack Corran e George, l’incessante evoluzione della tecnologia produttiva, il jazz, la storia del cinema, il mutare dei tempi e la crisi del ’29 ecc. - e dei personaggi, il film paga una sorta di bulimia narrativa del regista che affastella idee e situazioni senza approfondire davvero mai nulla; i personaggi interessanti sono decine ma nessuno, nemmeno i protagonisti principali sono tratteggiati in modo adeguato e altrettanto si potrebbe dire del contesto storico e culturale (la crisi economica del 1929 e l’entrata in vigore del censorio codice Hays) che tanto influì sulla natura e sui modi espressivi del cinema hollywoodiano la cui nascita ed evoluzione Chazelle vorrebbe raccontare. Qua e là fanno capolino inquadrature da capogiro, oppure splendide riflessioni sul senso e sul significato del cinema, ma tutto è travolto e confuso da una storia che non riesce a trovare la strada giusta per raccontarsi. Peccato, qualcuno in produzione avrebbe dovuto ricordare a Damien Chazelle che spesso “less is more”.

Good Morning Tel Aviv

GOOD MORNING TEL AVIV
di Giovanna Gagliardo; Documentario, Italia, 2023, durata 91 minuti.
Distribuito in una manciata di sale in Italia tra cui, meritoriamente, il cinema “Massimo” di Torino (e, si spera, presto anche in provincia), “Good morning Tel Aviv” è un godibilissimo documentario dell’italiana Giovanna Gagliardo sulla città “che non dorme mai”. Costruito come un racconto per immagini che si articola lungo l’arco di un’intera giornata, il film si apre nella notte di Tel Aviv, notte senza fine che conduce ad albe nitide che preparano la città e i suoi abitanti alla vita intensa e dinamica che la contraddistingue. Capitale dell’innovazione scientifica e della finanza, ma anche del Gay Pride e della creatività la città, fondata a inizio ‘900 e il cui nome in ebraico significa “collina della primavera”, con poco meno di mezzo milione di abitanti è la più laica, cosmopolita e tollerante metropoli di tutto il Vicino Oriente. Ad accompagnare lo spettatore lungo le strade e le piazze della città, Giovanna Gagliardo ha chiamato molti dei protagonisti della vita cittadina, dal sindaco che è alla guida di Tel Aviv da venticinque anni a commercianti e imprenditori, architetti e scrittori, filosofi, artisti, registi. La regista attraverso i volti e le voci dei suoi protagonisti racconta la dinamica bellezza di luoghi, ambienti e situazioni, le luci, ma anche le ombre di una città e di una comunità aperta al dialogo e al confronto come poche al mondo. E certo Gagliardo non nasconde la difficoltà di temi come quello della convivenza con i palestinesi, del reciproco razzismo tra israeliani e arabi, mettendo in risalto la bellezza e il vigore di una città e di una comunità ma anche i problemi e le difficoltà di un Paese. Da non perdere.