“Non chiamateci stranieri” – nuovi italiani da tutto il mondo si raccontano

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Ogni inizio anno tutti i giornali, compreso il nostro, presentano l’andamento demografico del proprio territorio, grazie ai dati messi a disposizione dall’ufficio Anagrafe dei Comuni. Una delle voci che forniscono è relativa a chi risiede nel Comune ma è straniero: questa percentuale ormai da molti anni è per Fossano (e per buona parte del Fossanese) circa il 10%: nella città degli Acaja al 31 dicembre su 24.176 fossanesi 2.460 sono stranieri - una percentuale quasi raddoppiata se si analizzano esclusivamente i dati dei nuovi nati, perché su 181 ben 40 sono stranieri. Di fatto, però, le persone che hanno origine straniera sul nostro territorio sono una percentuale molto più alta. Perché? Perché nel frattempo molti diventano cittadini italiani e quindi “escono” dalla voce “stranieri”. Sempre tra i dati forniti dai Comuni c’è il numero delle persone residenti nel territorio di riferimento che ottengono la cittadinanza straniera: per Fossano nel 2022 sono state 119, oltre mille in dieci anni. I motivi dell’ottenimento sono molteplici, chi per matrimonio, chi perché risiede da tempo sul territorio italiano, chi ha dovuto attendere la maggiore età per fare richiesta. Certo, non è detto che tutti questi “nuovi” italiani poi continuino a risiedere nello stesso Comune, ma è verosimile che per la maggior parte di loro sia così. Basta guardarsi intorno per capire che la percentuale di persone di origine straniera che vivono nel Fossanese è decisamente più alta del 10%: è sufficiente leggere i cognomi che compongono le classi delle scuole dell’obbligo (e magari confrontarli con le classi di trent’anni fa), o  porre l’attenzione sulle attività commerciali sempre più etniche, o ancora fare una passeggiata in centro guardando i volti, ascoltando lingue e accenti.

Tra i “nuovi” italiani (alcuni di loro ormai da molti anni) che vivono nel Fossanese ci sono persone che arrivano da ogni parte del mondo, hanno percorsi diversi, lavori diversi e anche culture diverse. Abbiamo raccontato alcune delle loro storie, storie di concittadini italiani che hanno radici lontane (per la versione integrale rimandiamo alla nostra edizione cartacea del 25 gennaio).

Stranieri Foto

Candida Puello (Colombia-Venezuela) tutto ciò che conta è qui: non mi manca nulla del Venezuela perché ‘tu sei dove sono i tuoi figli’ mi piace dire. Il cuore io lo tengo in Italia, i ricordi d’infanzia stanno in una valigia e quando serve la apro. Il mare c’è anche qui e se voglio basta un breve viaggio per arrivarci”. In Venezuela dicono “ogni Paese ha la sua bellezza, basta trovarla” e Candida l’ha trovata.

Paul Diouf (Senegal) Nato e cresciuto qui, scuole frequentate in Italia, amici e anche un bel gruppo di parenti nel Bel Paese, ora lavora per un’azienda di Genola è diventato italiano a 18 anni. “Mi sentivo già italiano anche quando la cittadinanza non l’avevo ancora - racconta -. Ma non dimentico le mie origini e neanche la cultura senegalese che mi hanno trasmesso i miei genitori.

Maybell Basilio (Filippine) Dell’Italia - dove è arrivata nel 1999 - ha amato, da subito, il cibo e il vino. Dalle Filippine ha portato - ci dice “l’allegria e la solarità, anche nei giorni di pioggia”. Là vivono ancora quattro suoi fratelli e la mamma. Ogni tanto torna a trovarli. “Non sarei più capace a vivere come loro - confessa -, ma sono viaggi che mi aiutano a riprendere il mio animo. E, di ritorno a Fossano, a risvegliarmi ogni mattina con il sorriso: quello che nelle Filippine hanno tutti, anche se mille volte più poveri”.

Claudia Vasilcovschi (Romania) “Non sono soltanto diventata italiana - ci racconta -, ma ho cambiato anche religione: da ortodossa a cattolica. Sempre cristiana sono. E volevo integrarmi al 100%”. Claudia ha fatto in tempo a conoscere la Romania di Ceausescu, la povertà diffusa e l’assenza di libertà (“avevo 13 anni quando l’hanno ucciso”) e da ragazzina aveva una sola certezza: “Che me ne sarei andata”. L’amore l’ha portata in Italia: la prima cosa che l’ha colpita è il cibo, “il migliore al mondo”.

Mimi Sankara (Burkina Faso) In Italia, a Fossano, ha frequentato la scuola media, poi le Superiori. Dal 2003, subito dopo la Maturità, lavora in produzione alla Progress di Marene (ex Giordano vini). Dolce è il ricordo del suo approccio con l’Italia. “Mi sono sentita subito accolta - dice -. Ero l’unica a scuola del Burkina Faso. Allora eravamo in pochi. E c’era più disponibilità, solidarietà rispetto a oggi. Ero bambina e per me tutto era una novità: una bella novità”.

Hamlet Pietrera (Repubblica Domenicana) “All’inizio, c’era un po’ di diffidenza nei miei confronti: la gente non era abituata a vedere degli stranieri - spiega Hamlet, imprenditore in Italia dal 1996 -. Poi si sono accorti che anche se provenivo da un altro Paese, avevo dei valori e un’educazione non diversa da quella delle persone del luogo. Ho trascorso in Italia metà della mia vita: quando mi chiedo «Di dove sei?», dico «Di Fossano»”.

Iurie e Victoria Constantinica (Moldavia) Tutti e due infermieri, hanno ottenuto la cittadinanza italiana nel 2017: “Servono anni perché ci si possa integrare bene: non accade finché la comunità non ti accetta non solo come straniero, ma come uno uguale agli altri - dicono -. L’avere i documenti, da questo punto di vista, è poca cosa: bisogna che gli altri sappiano che sei una brava persona. Il «nome» te lo fai tu”.

Miss Cori (Argentina) Per Corina Peretti, Miss Cori per i suoi alunni, e Guillermo Vincenti l’Italia rappresenta un ritorno alle origini: hanno ottenuto la cittadinanza in virtù delle loro ascendenze italiane. “Per noi è stato importante essere qui, raggiungere le nostre radici raccontate dai nonni e dai bisnonni. È stato importante per avere la convalida dei titoli, almeno in parte” spiega Cori che insegna inglese in una scuola primaria. Guille, laureato in scienze della comunicazione, ha invece uno studio di grafica pubblicitaria. 

Xhuliano “Giuliano” Llubani (Albania) Si scrive Xhuliano e si legge Giuliano: un nome albanese con origini italiane. Xhuliano è nato a Tirana nel 1995 e nel Bel Paese è arrivato a 16 mesi ottenendo la cittadinanza dopo circa 20 anni, nel 2017. "Aspettavo la cittadinanza, era passaggio naturale. Sono legato all’Albania, ma da sempre mi sono sentito italiano. Anche la mia famiglia si è integrata bene. Ottenere la cittadinanza è stato bellissimo perché è stato sancito a livello burocratico quello che io sentivo già di essere”. 

Alex Singh (India) “Porto con me due culture. Amo la pasta al ragù e tutta la cucina italiana, ma anche i dolci indiani come il Gulab Jamun, un dolce a base di latte condensato fritto che abbino al gelato italiano. Sono profondamente italiano e legato all’Italia e per l’Italia sarei disposto anche a fare sacrifici”.

Paul Berthelot (Francia) È preciso nel definire la sua una doppia cittadinanza italiana e francese: “Per me la cittadinanza italiana è stata importante perché è il riconoscimento della mia appartenenza al gruppo, della mia italianizzazione, ma è importante anche la mia cittadinanza francese: professionalmente, perché le mie competenze hanno le loro basi proprio nelle mie radici e a livello personale perché in Francia ho vissuto metà della mia vita”.

Khadija El Attar (Marocco) “Per 4 anni sono stata una clandestina. Non è stato però un brutto periodo. Avevo una casa, ho trovato lavoro e nel frattempo ho trovato l’amore italiano e nel 2008 mi sono sposata con Giorgio. Un amore vero, basato sul rispetto e la condivisione. Da donna libera, laica e indipendente quale sono mi fa sentire bene”.