Valentina e Sergej, l’angoscia dell’incertezza per chi fugge dalla guerra

La coppia - che proviene dalla città ucraina di Odessa - è stata accolta da metà ottobre a Trinità dalla cooperativa Il ramo nella villetta di via Roma

uomini e donne mentre tirano la pasta dalla macchinetta
Un momento di quotidianità a Casa D20 con i ragazzi de Il ramo mentre preparano la pasta in casa

“Casa D20, il progetto di “co-housing” diurno a firma della cooperativa “Il ramo” gestito dal Centro diurno “La goccia” di Trinità, dal mese di ottobre ha aperto le sue porte anche a una coppia di ucraini, fuggiti dalla guerra.
“Quando è scoppiata la guerra - spiega Veronica Ramonda referente del progetto Casa D20 - la Comunità Papa Giovanni XXIII ha aderito da subito al progetto «Emergenza Ucraina» e la cooperativa Il ramo ha messo a disposizione la palazzina del Comune di Trinità, offerta in comodato gratuito per il progetto Casa D20, anche per accogliere i rifugiati”. Da gennaio 2021, Casa D20 ogni giorno accompagna i ragazzi con disabilità lieve in un percorso di vita domestica. Tra queste mura, una vera e propria casa famigliare, i ragazzi imparano a gestirsi. C’è chi fa la spesa, chi pulisce, chi spadella, chi prepara la tavola... Uno spazio dove incontrarsi, socializzare, imparare giorno dopo giorno come si vive il quotidiano, con i suoi tempi, i compiti da svolgere, e anche gli spazi di tempo libero da riempire. Da metà ottobre è arrivata una coppia di sessantenni, Valentina e Sergej, fuggita dalla zona di Odessa. Arrivati in Italia su loro richiesta, perché qui avevano un contatto, dopo un primo periodo trascorso a Settimo Torinese con la Croce rossa sono approdati a Trinità. “In Ucraina hanno perso tutto - racconta Ramonda -, avevano una fattoria nelle campagne di Odessa che è stata distrutta dalle bombe. Sono scappati con una valigia, una giacchetta e poche cose lasciando dietro di sé la casa, il lavoro, gli affetti, i ricordi. La nostra casa, in un ambiente tranquillo e famigliare, sembrava la più adatta ad accoglierli. Anche se è davvero dura”.
Ramonda spiega che all’inizio non è stato facile far coniugare due mondi tanto diversi: il dolore di una coppia non più giovane sradicata dalla sua vita e quello della disabilità. Ma come tutte le cose difficili, superati i primi ostacoli, oggi questa esperienza è un valore aggiunto per tutti. “È bello entrare ogni mattina a Casa D20 - dice Ramonda - perché è diventata proprio una casa vissuta. Persino il profumo è diverso. C’è il calore di una casa abitata giorno e notte, calore per la cura, per l’ospitalità di Valentina e Sergej. I ragazzi ogni lunedì mattina vengono accolti con una torta o dei biscotti. Ci sono scambi di saperi e sapori. Una volta a settimana Valentina e Sergej preparano i loro piatti ucraini, e i nostri ragazzi propongono le specialità italiane. Nonostante l’ostacolo della lingua si sente forte il legame”. In questa casa gli educatori, i ragazzi, il sindaco Ernesta Zucco (“Sempre disponibile e attenta” sottolinea Ramonda) cercano di restituire a Valentina e Sergej un po’ di normalità e senso della famiglia. La coppia in Ucraina non ha più nulla. Hanno due figli che vivono in Finlandia, Paese che allo scoppio della guerra aveva chiuso i confini e due in Moldavia, Paese che considerano troppo a rischio, e per questo hanno scelto di rifugiarsi in Italia. Valentina e Sergej seguono il corso di italiano organizzato dalla Caritas di Fossano. Per loro non è solo un momento per imparare questa lingua tanto diversa dalla loro ma anche per incontrarsi con altri ucraini, persone come loro sfuggite dalla guerra che hanno perso tutto. Un momento di incontro carico di emozioni.
“Non è facile per l’incertezza in cui viviamo perché il progetto scade ai primi di marzo e non sappiamo se sarà prorogato - sottolinea Ramonda -. E se non ci saranno proroghe che fine faranno Veronica e Sergej? Ce lo chiediamo noi ma soprattutto se lo chiedono loro che con occhi angosciati ci interrogano sul loro futuro”. Difficoltà aggravate dal peso della burocrazia: “È dura anche perché richiede un continuo aggiornamento: innumerevoli carte da firmare, tessere da rinnovare, controlli, visite… Vivono nella incertezza perenne, che per loro è tanta angoscia. Questo è uno dei motivi per cui la coppia non ha voluto farsi intervistare. Perché ha paura”. Una paura devastante, destabilizzante che possiamo solo immaginare... “Eppure nonostante questo cercano di reagire, cercano anche con piccoli gesti di vivere una parvenza di normalità - dice Ramonda -. Valentina risparmiando sulla spesa si è comprata un po’ di lana per fare delle babbucce per il suo nipotino. Chissà quando potrà dargliele, ma le servono per sentire di avere qualcosa di suo”. A loro come a tutti quelli che fuggono da guerre e catastrofi, come quella a cui assistiamo in questi giorni in Turchia e Siria, è stato tolto tutto. Non solo la casa, gli affetti ma anche la speranza. Valentina e Sergej fino a Natale non hanno disfatto le valigie perché si sentivano profughi in un Paese straniero. Senza sicurezze, senza affetti. Senza una vita.