C’è una ricerca dell’Organizzazione meteorologica mondiale a cui la stampa locale ha dedicato, nelle ultime settimane, una certa attenzione. Il motivo di questo interesse lo si capisce facilmente non appena si dà un’occhiata alla cartina che a quella ricerca si accompagna. In un’Europa che si tinge di giallo per la siccità, il Piemonte è rosso: la nostra regione deve infatti misurarsi con una scarsità d’acqua ancora più grave che altrove, sebbene buona parte del continente soffra la sete.
Dal Verbano al Cuneese, gli autori della ricerca hanno registrato, per il 2022, un’anomalia delle precipitazioni vicina al 50%. E l’anno precedente, il 2021, era stato a sua volta secco. Ecco così delineata la situazione attuale per il Piemonte: le riserve idriche - dopo un anno in cui, sottolineano gli esperti, sono mancate “fasi piovose significative” - si trovano in grave sofferenza. Come se ciò non bastasse, la poca neve caduta sulle montagne è minacciata dalle temperature elevate che abbiamo sperimentato nei giorni scorsi. Tutti fattori, questi, che sono ancora più evidenti nell’area sud-occidentale della regione e che eventuali precipitazioni - fra cui, ovviamente, quelle previste per la settimana in corso - non possono “correggere”.
Colpa del cambiamento climatico, come si ripete in questi casi? Occorre precisare che gli scienziati valutano la distribuzione delle precipitazioni in rapporto a pattern meteorologici che agiscono su scale temporali di pochi anni, mentre il clima si definisce su un arco di almeno 3 decenni: non si può quindi applicare, in modo diretto, la formula secondo cui il riscaldamento globale implica la siccità. E, d’altra parte, la distribuzione della pioggia è abitualmente irregolare e disomogenea sia sul piano temporale, sia su quello spaziale. A fronte di ciò, è evidente come i pattern meteorologici siano influenzati dal cambiamento climatico.
Il “colpevole” della grande sete che l’Italia settentrionale e il Piemonte in particolare sperimentano è l’anticiclone subtropicale, di matrice ora azzorriana e ora africana, di cui parlano spesso i meteorologi: la sua diffusione verso l’Europa centrale e occidentale costituisce una sorta di barriera, che le perturbazioni atlantiche faticano a superare. Dall’autunno del 2021, questa situazione si presenta con frequenza sempre maggiore. E, ovviamente, non bisogna dimenticare il “muro” delle Alpi, che a loro volta limitano l’arrivo di perturbazioni.
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