Costruttori di pace

La Bandiera ucraina per la pace
Foto Siciliani Gennari-SIR

Guardo negli occhi Tetiana, la signora che è stata accolta dalla Caritas nello scorso mese di aprile assieme alle altre famiglie in fuga dall’Ucraina. Tetiana ha perso il marito in guerra. Quando è partita si erano promessi che questa lontananza sarebbe durata poco. Che si sarebbero ricongiunti presto nella loro casetta appena costruita. Tetiana dal mese di novembre è un blocco di dolore. Il suo volto è incapace di esprimere emozioni. Il suo sguardo è costantemente fisso. Il bambino che è con lei, è rimasto il suo unico interesse. Essa è per noi l’icona di questa orribile guerra. È l’ennesima conferma della pazzia della guerra, dell’incalcolabile mole di sofferenza, di distruzione, di morte, di odio, di vite stravolte. Tutto il gruppo delle donne accolte manifesta la stessa sofferenza. Ciascuna di esse sognava di continuare la propria vita in modo ordinario, sereno, felice, senza intrusioni esterne.
Invece tutto è cambiato il mattino del 24 febbraio quando molte di esse si sono svegliate al rumore degli scoppi, dei muri che si sbriciolavano, delle grida, del sangue sul volto dei loro cari. La guerra è l’assurdità più grande della mente umana. Non è concepibile che tra persone e popoli il ricorso alla violenza e alla guerra sia il modo più comune per risolvere controversie e contenziosi. Abbiamo alle spalle millenni di storia che dovrebbero illuminarci sulla sua inutilità e follia. Sul piano umano essa provoca imbarbarimento degli animi, sofferenze, lutti, odi, rancori, desideri di vendetta. Sul piano economico distruzioni, impoverimento generale, recessione. Il 24 febbraio ricorderemo, ad un anno dall’inizio, l’invasione russa in Ucraina. Questa data dovrebbe essere per le nostre comunità un momento di ripensamento e di presa di consapevolezza della grave assurdità che stiamo vivendo. Per tutti deve essere uno stimolo ad acquisire una coscienza sociale e dire: “Basta”. Purtroppo le nostre coscienze si abituano a convivere anche con delle situazioni estreme. Immediatamente le immagini dei morti, delle distruzioni, dei reportage di guerra ci coinvolgono, ci commuovono, stimolano forti reazioni di ripulsione. Ma con il passare dei giorni ci abituiamo. Creiamo delle barriere interiori perché le immagini e le notizie non ci creino sofferenze.
Dai nostri paesi sono partiti prontamente abbondanti aiuti umanitari. Anche la nostra comunità si è mobilitata. Abbiamo inviato alimenti, generi di prima necessità, vestiti, coperte. Anche pullman per raccogliere chi fuggiva. Molti hanno dato la disponibilità all’accoglienza. Questi aiuti però si sono interrotti. Sono iniziati gli invii di armi. Gradualmente siamo entrati tutti in una logica di guerra e di violenza. Oggi stiamo ancora riflettendo se aumentare questi aiuti. Siamo però anche consapevoli che da questa guerra nessuno uscirà vincitore. Prima o poi bisognerà sedersi attorno ad un tavolo e aprire un negoziato. Questa conclusione “obbligata” gronderà di sangue, di distruzione e di morte. Perché allora da nessuna parte giunge un richiamo forte a fermare le armi? Papa Francesco è rimasta l’unica voce inascoltata che ostinatamente invita alla pace. È tempo che ciascuno dica con forza: “Basta guerra”. È tempo che proprio dal popolo, dalla base, dalla gente che crede nei grandi valori della convivenza umana salga il dissenso dalla violenza, dalla guerra, dalla corsa agli armamenti. È tempo che i governanti sentano e diano risalto alle istanze di chi vuole vivere nella pace e che vuole la pace per tutti. Rompiamo i muri dell’indifferenza e dell’opportunismo e assieme cominciamo con impegno a costruire la pace.
Nino Mana