Un poeta e l’Intelligenza artificiale

In alcuni testi usciti in rivista, Mariano affronta il tema senza dimenticare i classici e il "suo" Monviso

Chi l’ha detto che la poesia non possa parlare della contemporaneità? Beppe Mariano dedica alcuni versi all’Intelligenza artificiale. E, a pubblicarli, è la rivista internazionale “Poesia”, edita da Crocetti e distribuita da Feltrinelli.

Sul numero di gennaio-febbraio, si possono così leggere dieci testi dell’autore cuneese. Le “storie di ordinaria I.A.” (così recita il sottotitolo) si inseriscono in un volume ricco, che annovera un servizio dedicato a Luciano Erba, poesie di alcuni contemporanei fra cui la campana Elisa Ruotolo, un omaggio a Luis de Góngora e un ricordo di Enrico Pea.

Autore fra alcune delle prime poesie che in Italia siano state dedicate all’Intelligenza artificiale - se non le prime in assoluto -, Mariano indaga temi con cui è davvero costretto a misurarsi chi progetta i relativi software: come si comporterà il pilota automatico alla guida di un veicolo quando la manovra che dovrebbe compiere per evitare un incidente stradale lo porterebbe a travolgere un dehors o un gruppo di bambini? “Decide per il male minore:/ di sbattere contro un muro/ e che sia io soltanto a morire”, ci spiega il poeta, con la sua consueta ironia.

Non manca, com’è giusto che sia nella poesia di Mariano, qualche riferimento alla sua montagna prediletta, il Monviso che in questo caso appare infuocato “quasi avesse, poveretto, un eritema”. E non manca una sorta di metamorfosi come quando l’automobile viene umanizzata: “Se il tergiorizzonte si sta guastando/ ciò che intravedo dalla fronte/ del parabrezza è poco,/ ma so che devo farlo bastare”. Metamorfosi che ci riportano a un frequentato filone della letteratura, a Ovidio e - appunto - alle sue metamorfosi: Mariano è un classico, che sa servirsi degli antichi strumenti dei poeti adeguandoli alla realtà contemporanea. Merito di pochi.