Don Romano Allasia, tra i protagonisti della missione nella Patagonia argentina

È rientrato in diocesi dopo 57 anni trascorsi a Sarmiento, diocesi di Comodoro Rivadavia

Allasia Don Romano E Ricca Don Elio
Don Romano Allasia (a destra) insieme a don Elio Ricca

Dopo 57 anni di missione, è tornato dalla Patagonia argentina don Romano Allasia. Alcuni problemi di salute non gli permettevano più di svolgere il ministero tra la sua gente e così a inizio marzo ha fatto ritorno nella diocesi di origine (attualmente è ospite nella Casa del clero di Fontanelle). Don Romano, che ha 83 anni, ha trascorso gran parte della sua vita a Sarmiento ed è stato fra i pionieri e i protagonisti della missione fossanese nella diocesi di Comodoro Rivadavia.

Originario di Villafalletto, Romano ha preso la decisione che ha cambiato la sua vita quando aveva 26 anni. “Parlando con don Giovanni Aimetta, che allora era curato a Villafalletto, pensavo di andare missionario in Africa; poi, su proposta di don Giovanni Canale, decisi di partire per la Patagonia. Là, dal 1963, c’erano già don Renzo Abrate, don Giovanni Pettiti e alcune Missionarie diocesane...”. Romano Allasia giunse a Sarmiento, nella parrocchia S. Teresita del Niño Jesus il 4 febbraio del 1966 come volontario laico insieme a Rita Mottura e Ritina Comiotto, Missionarie diocesane. La parrocchia era sorta da appena cinque anni, la diocesi era stata istituita poco prima, nel 1957. Territori immensi - la parrocchia ha un territorio vasto quanto il Piemonte, la diocesi è grande come l’Italia senza le due isole maggiori - dove far crescere la Chiesa di mattoni ma soprattutto quella di persone. E indubbiamente i sacerdoti fossanesi e le Missionarie diocesane hanno dato un contributo fondamentale a creare le strutture pastorali e a dare un volto a quella vasta e giovane diocesi.

Nel 1981 Romano Allasia viene ordinato sacerdote nella diocesi di Comodoro Rivadavia; è parroco di Rio Mayo, centro rurale posto 130 km a ovest di Sarmiento, fino ai piedi delle Ande. Nel 1993, dopo la partenza di don Giovanni Pettiti da Sarmiento, diventa parroco anche di quest’ultima e vi rimane fino a marzo (in realtà gli ultimi mesi li ha trascorsi a Comodoro, nella parrocchia Maria Auxiliadora dove ha sostituito don Nota convalescente per un’operazione).

La parrocchia S. Teresita del Niño Jesus venne creata nel 1961, Romano giunse all’inizio del 1966: non solo l’ha vista crescere, ma ha contribuito attivamente a costruirla, dando una forte impronta alla comunità... Nel frattempo Sarmiento, grazie all’industria del petrolio (la zona è ricca di giacimenti) e all’agricoltura, è cresciuta tantissimo passando da 6 mila a 25 mila abitanti (e stiamo parlando solo del centro abitato principale).

“Cosa ti è più caro tra le tante attività e opere realizzate in questi anni?” domando a don Romano. “Innanzitutto, la Scuola Agraria. Fu il vescovo di Comodoro Eugenio Peyrou a suggerirci di aprire una scuola per offrire ai ragazzi la possibilità di studiare. Così don Pettiti, che era parroco, e don Giuseppe Piumatti (arrivò a Sarmiento nel 1968, era laureato in Scienze agrarie, e rimase fino al 1984) si lanciarono in questa avventura. Il 27 aprile 1970 la scuola aprì con 20 iscritti. Erano studenti che provenivano da città e paesi distanti centinaia di chilometri e si fermavano a Sarmiento da marzo a dicembre, non eravamo solo insegnanti, ma anche un po’ papà e mamma di questi ragazzi. Nel 1990 l’istituto agrario è diventato ‘Colegio Agropecuario n. 725’ della provincia del Chubut e ha continuato a crescere, ora gli iscritti sono 500!”.

Per l’evangelizzazione “fondamentale fu il Piano pastorale che dapprima venne sperimentato nella parrocchia e poi, dagli anni Novanta, venne esteso a tutta la diocesi. Ha portato molti frutti e continua ad essere fecondo anche oggi. Tra le esperienze pastorali più ricche c’è la catechesi familiare (organizzata da don Giovanni Nota a livello diocesano): all’inizio in parrocchia c’erano più di 60 gruppi di famiglie che si riunivano per studiare la Bibbia, pregare, riflettere...”.

Di questi 57 anni vissuti a Sarmiento dice: “È stata un’esperienza meravigliosa, sono molto contento. Ricordo, ad esempio, che tra sabato e domenica mi sorbivo circa 600 km per celebrare la messa nelle varie cappelle disseminate nel territorio della parrocchia; e come dimenticare le piccole comunità discendenti dagli indios? Gente umile, riconoscente, generosa... ho imparato molto da loro”. Tuttavia, don Romano non nasconde il rammarico per essere stato costretto a interrompere il suo servizio pastorale: “Mi spiace perché i progetti cui ho accennato rischiano di esaurirsi. I sacerdoti che sono subentrati sono di origine colombiana e si fermano per due o tre anni al massimo, così anche le suore messicane che lavorano in parrocchia... e questo ricambio non favorisce certamente la continuità nell’attività pastorale”.