“Non siamo preparati ed attrezzati per gestire questa crisi idrica”. L’incontro organizzato nella mattinata di oggi (venerdì 14 aprile) dalla Coldiretti cuneese nel capoluogo scaturisce da questa constatazione, che il presidente provinciale dell’associazione Enrico Nada ha ribadito alla luce dei dati sulla siccità registrati lo scorso anno e nei primi mesi del 2023. “Le vie dell’acqua” il titolo dell’evento: un occasione di fare il punto e, soprattutto, di valutare “progetti e interventi per tutelare e gestire le risorse idriche provinciali”.
Se un recente studio dell’Organizzazione mondiale meteorologica ha mostrato come il Piemonte sia una delle aree più siccitose d’Europa, il problema appare particolarmente grave nella provincia di Cuneo, dove peraltro si trova il 35% di tutta la superficie irrigua regionale.
Varie le criticità che la Coldiretti cuneese segnala per la Granda. Il regime idrologico dei suoi corsi d’acqua, di tipo nivo-pluviale o pluviale, fa sì che l’«oro blu», disponibile in primavera ed autunno, scarseggi d’estate, quando il fabbisogno del mondo agricolo raggiunge l’apice: a causa dell’assenza di grandi laghi e bacini di accumulo (con qualche eccezione, come il complesso Rovina/Piastra/Chiotas in valle Gesso) non è possibile “trattenere” l’acqua quando essa è disponibile in grandi quantità, e ciò espone al rischio di “soffrire la sete” durante i mesi più caldi. Per varie ragioni – legate soprattutto al tipo di aziende agricole diffuse, alla presenza di molte infrastrutture dalle strade agli elettrodotti, alla morfologia dei luoghi – si continua inoltre ad adottare la tecnica “a scorrimento” per l’irrigazione dei campi, che potrebbe lasciare spazio a soluzioni più efficienti. Si aggiunge la presenza di numerosissimi consorzi irrigui: questa frammentaria gestione dei corsi d’acqua rende difficile una riorganizzazione su vasta scala. La diffusione dei tradizionali “canali in terra”, infine, fa registrare perdite per infiltrazione elevate.
Secondo la Coldiretti cuneese, è necessario impegnarsi per migliorare l’efficienza dei sistemi irrigui (anche mettendo l’acqua “in pressione”), aumentare la disponibilità di acqua (attraverso la costruzione di bacini e maggiori prelievi dalle falde), riorganizzare il sistema dell’irrigazione collettiva (limitando soprattutto la frammentazione dei consorzi irrigui). In particolare, la “ricetta” della Coldiretti cuneese si può sintetizzare in dieci proposte: predisporre un Piano straordinario di prevenzione e mitigazione delle crisi idriche, censire tutti i progetti ipotizzati in passato in questo ambito e valutare le criticità che ne hanno impedito la realizzazione, acquisire da tutti i Consorzi irrigui di secondo grado i progetti a cui hanno lavorato, individuare le proposte progettuali che per urgenza o grado di fattibilità siano più urgenti, ricercare finanziamenti che consentano di elaborare progetti cantierabili, attivare sperimentazioni ed azioni di efficientamento delle tecniche irrigue, potenziare il servizio di assistenza tecnica e formazione professionale per gli agricoltori sull’uso delle tecniche irrigue, sviluppare una campagna d’informazione sulle “esternalità positive” che l’attività di gestione della rete irrigua comporta, progettare un sistema di riorganizzazione e accorpamento degli enti irrigui, costituire un osservatorio permanente per il monitoraggio dell’andamento del progetto.