Serve un “piano di corresponsabilità” tra Chiesa, società civile e istituzioni contro le povertà

Delegazione di Fossano e Cuneo al convegno nazionale delle Caritas diocesane a Salerno

convegno nazionale delle Caritas diocesane a Salerno
(Foto Caritas Italiana)

La settimana scorsa Salerno ha ospitato il convegno della Caritas nazionale che si è sviluppato attorno al tema «Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni». Fra le oltre 660 persone, provenienti da 173 Caritas diocesane di tutta Italia, c’era anche un gruppo della nostra diocesi con le fossanesi Gabriella Tortone, Costanza Portesani, Giulia Filippi e Michela Calandri; da Cuneo Enrico Manassero, direttore della Caritas, Nicolò Cassano ed Emiliano Tosello. Sono stati quattro giorni di confronto e riflessione lungo le tre vie indicate da papa Francesco nel 2021, in occasione del 50° dell’istituzione di Caritas italiana: «Partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività».

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Il gruppo di Fossano e Cuneo al convegno nazionale delle Caritas diocesane a Salerno

«Nel servizio annunciamo il Vangelo – dice don Marco Pagniello, direttore Caritas Italiana – e generiamo così nella fede la comunione. È nell’incontro e nella relazione che viene generata la vita. L’obiettivo da perseguire è proprio questo: abitare le relazioni e le periferie facendo la propria parte, nel tentativo di cambiare il sistema attuale, che continua a produrre ingiustizia».

Sintetico di tutto il lavoro svolto nel Convegno è stato l’intervento conclusivo, sempre di don Pagniello, che ha presentato all’assemblea una proposta concreta sulla quale lavorare insieme: un "piano di corresponsabilità" tra Chiesa, società civile e istituzioni contro le povertà, la dispersione scolastica, il lavoro nero e tutte le mafie, "in cui la Caritas si fa facilitatrice, perché le sfide possiamo affrontarle solo insieme".

Un’idea già contenuta nell’esperienza di Gennaro Pagano, coordinatore del patto educativo per Napoli, che ha lanciato a tutta l’assemblea un invito: «Sedersi tutti insieme attorno ad un tavolo per fare rete, per superare l’individualismo, sposando un’etica della cooperazione. Per progettare interventi insieme, per generare un sistema di vita».

Essere corresponsabili parte, dunque, dalla scelta di rimuovere alcuni macigni, avendo il coraggio di andare oltre le ideologie e il “si è sempre fatto così”. Essere corresponsabili significa condividere il sogno che «la pietra scartata è diventata testata d’angolo». «È essenziale – continua don Pagniello – ridare significato alle parole. La sfida più grande per vivere un piano di corresponsabilità è ricomporre le fratture, e questo è possibile solo se rimettiamo la persona al centro. Per costruire questo piano di corresponsabilità è altresì necessario discernere insieme, co-progettare, partecipare a reti comunitarie. «Tutto ciò deve portare a generare un sistema di vita, a diventare – frase sottolineata dal professore Carmine Matarazzo – mentalità dell’abitare evangelicamente ogni periferia, non nella logica del possesso ma in quella dell’ascolto e dell’accompagnamento, nella consapevolezza che chi vuole bene non è dimenticato da chi riceve il bene». Su questa linea Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione “Con il Sud”, il quale sottolinea che può esserci sviluppo solido e duraturo solo là dove c’è una sufficiente dotazione di capitale sociale, di capitale umano, di comunità e che dalla solidarietà e dall’impegno nel sociale si generano veri episodi di sviluppo.

Riprendendo in conclusione le parole di mons. Giovanni Nervo, il direttore della Caritas ha concluso il suo intervento con un accorato invito a tutti: «Non si può delegare agli altri il respirare, il nutrirsi, né è sufficiente respirare e nutrirsi qualche volta all’anno: si muore. Così per l’esercizio della carità».