“Alluvioni? Dragare i fiumi non è la soluzione”

Fabio Luino, geomorfologo, contro una pratica diffusa (e invocata dopo i disastri naturali): "Asportare i sedimenti altera l'equilibrio dei corsi d'acqua"

Tanaro Ponte Govone
Le pile di questo ponte nel comune di Govone necessitavano di urgente manutenzione: qualche anno fa la Regione Piemonte commissionò un lavoro di consolidamento. Questo è il risultato finale (foto Silvestro da Nimbus web - http://www.nimbus.it/articoli/2023/230526DragareFiumiNonServe.htm)

“Non dragate i fiumi”. Questo, in estrema sintesi, l’appello che rivolge Fabio Luino, da oltre 30 anni geomorfologo al Cnr Irpi di Torino, istituto che si occupa di ricerca per la protezione idrogeologica. Lo studioso affronta così un dibattito che, puntuale dopo ogni alluvione, si è sviluppato anche all’indomani del disastro in Emilia Romagna.

Dottor Luino, quasi sempre, dopo un’alluvione ci si lamenta che i corsi d’acqua “non erano puliti”. Lei non è d’accordo: ci spieghi perché.
Molte persone, politici in primis, sono convinti che “dragare” i corsi d’acqua possa far crescere la sezione di deflusso del corso d’acqua e migliorare l’efficienza idraulica. Sappiamo bene che i corsi d’acqua sono spesso considerati elementi territoriali “scomodi”, in conflitto con le esigenze di uso del suolo soprattutto nelle aree pianeggianti e quando attraversano aree urbanizzate. Per tale motivo in Italia la pratica dell’estrazione di inerti in alveo è stata ampiamente praticata dal dopoguerra agli anni Ottanta del secolo scorso; ora, nonostante sia vietata, la richiesta è ancora molto pressante e vengono ancora rilasciate concessioni, generalmente mascherate con motivazioni di tipo idraulico.

Ma noi, che i fiumi li studiamo da decenni, sappiamo bene che asportare i sedimenti, come è stato ampiamente dimostrato da studi scientifici, altera il “naturale equilibrio” del corso d’acqua, che nel giro di qualche anno tenderà a definire un suo nuovo profilo di equilibrio, aumentando la propria azione erosiva sulle sponde e, se queste sono protette, asportando materiale dal fondo, così da determinare la scomparsa del materasso alluvionale presente e il conseguente restringimento dell’alveo stesso.

Fabio Luino

Quali sono gli effetti di ciò?
Asportare i sedimenti aumenta il rischio a valle, perché accelera e concentra i deflussi che non sono mai solamente liquidi, ma sempre accompagnati da materiale flottante: si accentuano di conseguenza il picco di piena e la velocità di trasferimento delle acque verso valle. Inoltre, si rende instabile l’equilibrio geomorfologico, generando un effetto domino: le costose opere di contenimento e di mitigazione dell’erosione realizzate lungo le sponde, come le scogliere e le gabbionate, in molti punti perdono la propria funzionalità, essendo ormai sospese rispetto al corso d’acqua. A monte, oltre all’abbassamento diretto del livello del fondo nella zona di estrazione, l’escavazione modifica il profilo longitudinale, provocando un aumento locale di pendenza che tende a migrare verso monte, creando una “erosione regressiva”.

Insomma, asportare sedimenti dai corsi d’acqua compromette la stabilità sia delle opere longitudinali sulle sponde, sia dei ponti. A causa dell’azione di dragaggio nei fiumi, in passato sono crollati ponti per l’azione di escavazione dell’acqua sotto le pile. Per esempio, il 29 maggio del 1973 a Caraglio sul torrente Grana crollò un ponte e vi fu un morto: il sindaco si scagliò contro il Genio civile e l’Anas, che avevano consentito troppi interventi in alveo nelle zone prossime al ponte.

Secondo la scienza, il drenaggio del fiume si lega anche alla diminuzione del livello delle falde...
L’abbassamento dell’alveo condiziona l’equilibrio tra acque superficiali ed acque sotterranee, diminuendo il livello della falda freatica e quindi della captazione delle acque nei pozzi. L’asportazione di inerti comporta anche effetti lungo le aree costiere marine, provocando un deficit di trasporto solido che sbilancia il delicato equilibrio tra ingressione marina e ripascimento naturale delle spiagge: le nostre aree marine sono così soggette ad erosione e arretramento. E per un Paese che vive di turismo è un grave danno!

C’è un solo caso in cui la scienza dà l’«ok» per la pulizia dei corsi d’acqua...
L’unica pulizia sensata è quella della vegetazione d’alto fusto, vale a dire quegli alberi accresciutisi nell’alveo che, se estirpati dalla forza della corrente, potrebbero ostacolare il libero deflusso delle acque, magari incastrandosi sotto le arcate di un ponte. Analogamente si deve rimuovere il legname abbandonato negli alvei o accatastato contro i ponti dalle piene precedenti.