Sabato 15 luglio al Santuario Nostra Signora delle Grazie di Mellea di Farigliano (adiacente alla Capanna don Oreste Benzi) si sono tenuti i festeggiamenti per il 50° compleanno delle Case famiglia e delle Famiglie accoglienti. Una giornata per celebrare il 50° anniversario dall’apertura della prima Casa famiglia, nata dall’intuizione di don Oreste Benzi, per garantire una famiglia a chi vive in situazione di bisogno.
Cinquant’anni sono un anniversario importante da festeggiare e sono per noi l’occasione di raccontare chi ha intrapreso nella vita la scelta di dedicarsi all’accoglienza.
Abbiamo colto l’occasione per raccontare l’esperienza di Marcella Sanino, nata a Levaldigi nel marzo del 1956 ed entrata in Comunità nel 1982. La sua Casa famiglia ha abitato a Fossano, poi a Gerbo, ancora a Fossano e infine, dal 2001, si è trasferita a Sandigliano, un paesino alle porte di Biella. Oltre ai numerosi affidamenti temporanei di bambini con disabilità fisiche o psichiche più o meno gravi (tra cui Alessandro che è stato il primo e tutt’ora fa parte della famiglia), alcuni anni fa Marcella ha adottato Federica. “In questo momento siamo solo in sei in famiglia - ci racconta Marcella -. Fino allo scorso aprile con noi c’era Renzo Marro che ora è tornato al Signore. In Casa famiglia ci siamo io, Alessandro, Federica, Domenico, un ragazzo di vent’anni che ha lesioni gravi ed è con me da quando aveva 6 mesi, una ragazza con problemi psichiatrici e una signora che è venuta da noi quando aveva il figlio piccolo, ora autonomo che si sposerà a ottobre. Nel tempo sono invecchiata e le condizioni non sono facili per accogliere altre persone”.
Che significato ha per lei la vita in Casa famiglia?
La Casa famiglia è il mio posto, lo sento profondamente. Sono ormai 41 anni che vivo con loro e sento che è il posto in cui voglio vivere.
Il mio sogno è quello che ci siano delle persone che vengano con me e che assumano il ruolo della figura materna e paterna.
Quella di don Oreste è stata una grandissima intuizione.
La Casa famiglia, anche rispetto ai ragazzi che ho è una risposta importante, dà figure di riferimento sempre precise e credo che alcuni progressi che hanno fatto dipendano proprio dalla stabilità. In questi anni sia Alessandro che Federica hanno fatto grandi progressi. Quando è arrivato Domenico mi hanno detto che non avrebbe mai camminato, ora cammina persino in montagna!
La Casa famiglia non è il mio lavoro, è la mia vita. Purtroppo i numeri sono più limitati se si vuole fare la mamma rispetto ad altre strutture, ma si offre una vera famiglia.
Come si svolge una giornata in Casa famiglia?
Tre dei ragazzi non sono autosufficienti, quindi al mattino vengono svegliati, quindi bisogna lavarli, vestirli, cucinare, fare la spesa. Poi ci sono terapie e visite, ma in sostanza la vita è quella di ogni famiglia. Non esiste la Casa famiglia modello, con numeri precisi e attività definite. Ognuna ha le sue caratteristiche e sono convinta che il Signore le cose le pensa proprio bene perché magari con altre realtà avrei fatto più fatica, mentre con la disabilità, anche se grave sto bene.
Quanta fatica e quante rinunce implica una scelta come la sua?
È una scelta non semplice perché è un “per sempre” faticoso che chiede delle rinunce ma dà tante cose.
Quando ho incominciato don Oreste diceva che per fare questa vita ci vogliono braccia forti, ginocchia buone e avere ben chiaro chi te lo ha fatto fare. Ecco: non ho mai perso di vista chi me lo faceva fare, ho sempre saputo che questa è una vocazione che il Signore mi ha donato.
Ci sono stati momenti di enorme fatica, come quando è mancato Renzo. Dopo 20 anni insieme è stato un lutto faticoso sia per me che per i ragazzi, ma ci ha anche dato il senso dell’importanza delle persone che vivono con noi.
Non ho mai pensato di lasciare la comunità o che fosse troppo pesante. Sento molto che la fede è importante e anche far parte della Comunità.
Quanto conta essere Comunità?
È fondamentale! Vedo il senso di questa vita proprio perché sono immersa in una Comunità costruita da tante persone che fanno pezzi diversi. Ci sono le Case famiglia, chi si occupa di lavoro, di salute... è una cosa bella.
Ora, ad esempio, siamo a Canazei con altri della Papa Giovanni. Una Casa famiglia senza una Comunità con relazioni forti che sostengono me e la Casa non sarebbe possibile. Il discorso è proprio di essere in una Comunità e all’interno di questa fare l’esperienza della Casa famiglia.
Io vivo molto in casa, ma sento quello che fanno i miei fratelli in altri campi, in missione, nelle cooperative e arricchisce anche me e credo che questo sia reciproco anche a distanza.
Quali sono i momenti che ricorda con più affetto di questi 41 anni?
Ogni volta che uno dei miei figli ha fatto dei progressi. Quando Domenico o Alessandro fanno una cosa grossa è bellissimo. Non ricordo però momenti eclatanti, ma tanti attimi belli del quotidiano. La bellezza sta proprio nel quotidiano da scoprire ogni giorno. A volte è faticoso, ma è sempre una scoperta.
Quella della Casa famiglia è una vita di amore, ma anche di distacchi. Come ci si prepara?
I distacchi sono pesanti. Anche solo quando i ragazzi del servizio civile dopo un anno con noi finiscono e vanno via c’è un dolore, ma i miei figli mi hanno insegnato molto. Per loro è difficile perché ogni volta che incontrano una persona nuova devono ricominciare e mettersi in discussione, ma sanno accettare i cambiamenti della vita.
Purtroppo i distacchi ci sono, nel 2016, ad esempio, è venuta a mancare una nostra accolta ed è sempre doloroso. Cerchiamo di affrontarlo pensando che il valore della vita non è nella sua durata, ma nel modo in cui si vive e nel volersi bene. Le nostre famiglie questo ce lo insegnano un po’ di più di quelle di oggi. Forse non si insegna più che la frustrazione è qualcosa con cui convivere, da accettare, per cui è necessario passare oltre. Il disagio c’è, ma la fede è più forte e porta la speranza di incontrarci di nuovo. In me è forte la certezza che ci sia un piano più grande di noi. A volte penso a chi non ha fede e mi chiedo come facciano ad affrontare certe prove della vita.
Don Oreste diceva che la famiglia è una luce. A volte i figli vanno avanti, ma sappiamo che con noi hanno fatto un pezzo di strada importante.