COME PECORE IN MEZZO AI LUPI
di Lyda Patitucci; con Isabella Ragonese, Andrea Arcangeli, Clara Ponsot, Tommaso Ragno, Carolina Michelangeli, Italia, 2023, durata 99 minuti.
Il film si apre con Vera alla guida di un’auto potente in compagnia di due uomini. Goran sta raccontando di una rapina compiuta in un albergo di lusso ai danni della soubrette Kim Kardashian, ma il tono del racconto è disteso, quasi tranquillo. Poi l’auto si ferma, gli uomini scendono, due serbi dai tratti duri e taglienti, e dicono a Vera di attendere. Pochi secondi e la scena di colpo cambia, con un corpo che vola giù da una finestra.
Gangster movie ad alta tensione, “Come pecore in mezzo ai lupi” è l’opera prima di Lyda Patitucci, già regista della 2ª unità in “Veloce come il vento” e “Il primo re” di Matteo Rovere e poi con Sidney Sibilla in “Smetto quando voglio” che ora, in veste di produttori, accompagnano la Patitucci al suo esordio nel lungometraggio.
Scritto da Filippo Gravino, il film è un thriller potente e di grande realismo con al centro della vicenda due ottimi interpreti, Isabella Ragonese/Vera e Andrea Arcangeli/ Bruno, sorella e fratello che si trovano a giocare su due sponde contrapposte, poliziotta che opera sotto copertura per sgominare una banda di rapinatori serbi lei, ex galeotto che finisce in un gioco troppo grande lui. In mezzo la gang di serbi, gente spietata e senza scrupoli che spara e uccide con la stessa facilità con cui si beve un caffè. Sullo sfondo Milano, una rapina ad un furgone portavalori, Vera che non ha, o non vuole, una famiglia e Bruno che una famiglia ce l’ha ma cade a pezzi. Dopo la prigione l’unica cosa che conta per lui è la piccola figlia Marta cui vorrebbe regalare una vita degna di essere vissuta. I soldi della rapina, tanti, gli sembrano essere l’unica via d’uscita, ma si capisce subito che non sarà così.
Il film scorre e cattura l’attenzione, ma non convince sino in fondo ed è la sceneggiatura, più che la regia, a fare acqua con il personaggio del padre di Vera e Bruno - il sempre ottimo Tommaso Ragno - costretto in un ruolo assurdo e inspiegabile e alcune situazioni in sotto finale - il diverbio tra Vera e il suo superiore responsabile dell’operazione - che risultano piuttosto incomprensibili.
Attendiamo fiduciosi la Patitucci al prossimo lungometraggio, la stoffa c’è.
DOUBLE SOUL
di Valerio Esposito; con Marianna Fontana, Angela Fontana, Julian Sands, Paz Vega, F. Murray Abraham, Danny Glover, Francesca Tizzano, Italia, 2023, durata 98 minuti.
Presentato in anteprima all’“Ischia Global Film and Music Festival”, “Double soul” è l’intricata storia di due gemelle che Valerio Esposito (giovane regista italiano da tempo trasferitosi a Hollywood) ambienta a cavallo di Oriente e Occidente, tra Roma, Dubai e Abu Dhabi.
Anna (Marianna Fontana) e Luna (Angela Fontana) sono due gemelle, uguali come gocce d’acqua, ma non è soltanto il loro aspetto ad unirle. Crescendo hanno intrapreso strade diverse, artista dalle potenzialità inespresse Anna, spregiudicata donna d’affari Luna, ma c’è un tragico passato che le rende in qualche modo inseparabili. Da bambine hanno ucciso e dato alle fiamme il pedofilo che le violentava, e queste sono cose che non si dimenticano. Ora, nel pieno della loro gioventù e bellezza, Anna e Luna vogliono il successo, vogliono i soldi e il potere, obiettivi ambiziosi che finiranno per condurre le due giovani donne lungo percorsi pericolosi e intricati. Michael Tedeschi/Danny Glover, famoso critico d’arte romano metterà sotto la propria ala protettiva Anna, il Mentore/F. Murray Abrahm, finanziere d’alto bordo affiderà ad Anna una complicata compravendita di terreni tra Dubai e Abu Dhabi. Il mondo dell’alta finanza e dell’arte si intrecceranno in un complicato gioco di specchi dai risvolti inattesi.
Thriller esteticamente accattivante con ambientazioni mozzafiato - il Ninfeo di Villa Giulia a Roma, il Colosseo, i grattacieli di Dubai - e con un cast di grande livello - da Julian Sands (tragicamente scomparso poche settimane dopo aver girato il film) a F. Murray Abraham, da Danny Glover a Paz Vega - il film di Valerio Esposito paga lo scotto di intrecciare molte (troppe?) linee narrative finendo per smarrire il bandolo della matassa. Cinque sceneggiatori, regista compreso, sono davvero troppi per una storia che forse meritava maggior semplicità. Molto sovente “il meno è più”.