Sport e non solo: la storia di Sankara, dalla Costa d’Avorio a Bene Vagienna

Tra i volti noti dello sport del circondario c’è Anahbi Sankara, attuale allenatore dell’Under 17 dell’Albese e il Savigliano Volley in Serie D, residente a Bene Vagienna.

La sua storia parte da lontano: nasce infatti in Costa d’Avorio per poi arrivare in Italia a 12 anni. Anahbi, dopo il recente approdo nel volley maschile, si è raccontato a “la Fedeltà” ripercorrendo la sua storia sportiva.

Come sei entrato nel mondo dello sport?

Io ci sono entrato da giocatore, ho iniziato a 13 anni nel Fossano Calcio per poi andare al Salice. Per un periodo ho interrotto quella carriera per via degli studi.

Tramite mia sorella ho scoperto la pallavolo, mi affascinava guardarla e da lì ho deciso di provare la strada dell’allenatore. Ho iniziato come aiuto a Soti in Under 16 all’età di 24 anni e l’anno dopo mi è stata affidata l’Under 13 con il Fossano Volley. È stata importante come esperienza, mi ha permesso di capire cosa volessi fare. Nel periodo in cui allenavo Under 12, 13 e 14 alla Vbc Savigliano, ho ripreso a giocare a calcio, nella Benese con cui ho vinto il campionato assieme ad Aubrit.

Quand’è nata mia figlia ho iniziato a fare il minivolley per integrarla nella squadra e con la Benese ho iniziato ad allenare nel calcio. Con i 2008 ho scoperto di avere delle qualità e lì ho scelto di focalizzarmi sulla figura di allenatore. Ho allenato i 2008 anche del Cuneo, quand’era in Serie C dopo essere stato notato da Antonio Raimondo e da lì la mia carriera ha preso il volo.

Ho fatto il percorso Excellent con Ermanno Demaria, ora al Fossano, e Luciano Rosano che mi ha portato poi in blues. Da lì sono passato al Bra prima e alla Giovanile Centallo poi, costruendo un grande gruppo. I tre anni del camp del Sant’Albano mi hanno aiutato a crescere e ora sono pronto per nuove sfide.

Hai scelto di allenare sia i ragazzi dell’Albese Calcio che del Volley Savigliano. Come mai insieme? C’è qualcosa che può accomunarli?

L’Albese mi ha offerto la possibilità di allenare l’agonistica con l’Under 17. È un gruppo interessante che deve crescere, la società è nuova e ambiziosa. Nella pallavolo è un nuovo inizio per me visto che partirò con il maschile. Ho voglia di fare bene in entrambe le discipline, il mio scopo è quello di trasformare tuttoquesto in un lavoro.

Mi piacerebbe un giorno diventare responsabile giovanile, sul campo. Sono due sport complementari, di squadra, voglio poter prendere da una parte e applicare dall’altra.

Nella pallavolo, mentre difendi costruisci la fase offensiva. Voglio provare ad applicare questo modello anche nel calcio. Sono riuscito a comprenderlo grazie a un metodo di Pigaretta e di Ghià del Parma, tramite i camp del Sant’Albano.

Hai una storia personale importante, puoi raccontarcela?

Nasco in Costa d’Avorio, ma sono originario del Burkina Faso, il 13 aprile del 1981 dove vivo e cresco quasi sempre solo con mia mamma. Mio papà andò in Europa quando avevo 4 anni, si è attraversato il deserto a piedi e poi è arrivato fino in Italia con le barche rischiando la vita. Una volta avuti i documenti, mio padre ci ha permesso di salire definitivamente in Italia e crearci così un futuro.

Se lui non fosse partito quasi all’avventura, io non sarei qui a sognare di lavorare nello sport o di farmi una famiglia. In Costa d’Avorio sognavo di diventare un giocatore e mi ispiravo a Weah. Sono rimasto lì fino a 9 anni quando mi sono trasferito in Burkina Faso dai miei nonni, visto che mia mamma era salita su in Italia. Non potevamo salire tutti insieme: essendo minorenni, abbiamo dovuto aspettare il ricongiungimento familiare per salire io con i miei fratelli quando avevo 12 anni.

In Costa d’Avorio era più bello mentre in Burkina Faso è stata tosta, più un sopravvivere che altro, dopo il colpo di stato che ha deposto (e ucciso) il presidente Sankara, un rivoluzionario. È stato difficile portare questo nome lì.

Sono stato uno dei primi neri a Fossano e, alla Boetti, ero l’unico africano; è stato faticoso inserirmi, all’inizio sapevo solo dire ciao e poco altro. Son dovuto ripartire dalla prima per affrontare tutto, ma mi è servito: ho iniziato a parlare bene e questo lo devo alla mia insegnante Grazia Allerino, mi ha salvato. Ogni pomeriggio mi faceva quattro ore di ripetizioni di italiano gratuitamente, grammatica e verbi. Nel giro di due anni mi ha portato praticamente alla pari degli altri, con una parlata corretta. Sono ancora in contatto con lei, a volte ci sentiamo e ci raccontiamo le ultime notizie. La ringrazio davvero di cuore perché è stata lei a dirmi di non mollare, con il suo aiuto ho anche fatto la tesi di letteratura su Verga. Ho poi frequentato tre anni di Salesiani e tre di Ipsia, esco metalmeccanico ma inizio a lavorare come disegnatore per finire poi in fabbrica.

Sono grato a tutta la mia famiglia, senza di loro non sarei qua e non potrei continuare a sognare in questo mondo.