Migliaia di persone hanno partecipato il 10 agosto ai funerali di suor Elvira, fondatrice della Comunità Cenacolo di Saluzzo. Tantissimi in presenza, nella Casa madre sulla collina di Saluzzo, e tanti collegati online nelle 72 fraternità sparse in tutto il mondo. La celebrazione della messa con il rito delle esequie è stata preceduta da numerose testimonianze relative alla vita di suor Elvira. Oggi la salma viene portata a spalle fino alla Casa delle suore Missionarie della Risurrezione a Pagno.
Le testimonianze
Risuona squillante la gratitudine di suor Elvira Petrozzi “perché la vita è eterna”, nella tensostruttura che aveva ospitato, neanche un mese fa, le celebrazioni per la Festa della vita e i 40 anni della Comunità Cenacolo (di cui è stata, fino alla sua morte, fondatrice e “Madre”). Nel pomeriggio del 10 agosto, dedicato alle sue esequie, un paio di ore prima dell’eucarestia col rito funebre, si sono susseguite su grande schermo e su palco parole, immagini, video, canti e danze relative alla sua vita e a quella della Comunità da lei fondata sulle colline di Saluzzo, il 16 luglio del 1983. Quelle danze tramutate dalla tristezza e da quelle “lacrime che il Signore trasforma in gioia”, come si è potuto risentire dalla sua stessa voce, carica di un innato ottimismo e di una gran voglia di vivere, come ha fatto in ogni istante dei suoi 86 anni, iniziati il 21 gennaio del 1937 e terminati il 3 agosto di quest’anno.
“Sono felice di essere nata”, continua la sua testimonianza, riconoscendo questo bene sia a sua mamma “che non si è fermata alla prima o seconda figlia”, e sia a suo papà, “scuola del sacrificio e del dolore”, forgiando lei, battezzata Rita Agnese, quarta di sette figli, a riconoscere “nella vita la sorgente di Dio stesso”, nonostante il contesto della sua crescita sia stato circondato da miseria e povertà. Gli applausi, scroscianti, della gente di ogni provenienza sociale e geografica (ogni bandiera issata intorno al palco-altare ne ha rappresentata una) hanno intervallato i passaggi dei vari momenti dell’incontro. Mentre si sente ancora la voce di suor Elvira che scherza: “Ma parlo solo io? Adesso però non più essere così”.
“Grazie che ci hai insegnato ad amare Gesù”
Già, perché adesso la sua creatura, la Comunità Cenacolo, è una realtà matura, che può parlare da sé, “avendo aiutato tante vite a risorgere”, come ha detto l’attuale responsabile generale don Stefano Aragno. “Grazie che ci hai insegnato ad amare Gesù”, hanno detto alcuni. Altri ancora la ringraziano “per averli fatti sentire importanti”, insieme ai propri famigliari che, con loro, ragazze e ragazzi accolti, hanno necessariamente fatto un cammino di perdono e di fede, rinnovando le proprie relazioni umane. Giungendo anche, con altrettanta espressa gratitudine, “a conoscere meglio se stessi”, togliendosi quelle maschere con cui ci si autodifende, negando di scoprire quello che si è davvero nel profondo. Maschere metaforicamente consegnate durante la coreografia di una danza, che ha preceduto poi “l’ora della Misericordia” (con la recita della relativa preghiera devozionale, la “coroncina” proveniente dalla tradizione polacca).
Un vero e proprio appuntamento forte e corale, vissuto da tutta l’assemblea con la Comunità, che da sempre scandisce le sue giornate tra preghiera e lavoro. “Perché” (è ancora suor Elvira a parlare), “la preghiera dà il senso della vita”. “Noi figli della prima ora”, ha continuato don Stefano, “l’abbiamo incontrata tante volte in tempi prolungati in ginocchio, per consegnare a Dio la vita fragile dei suoi figli”. Poi è sopraggiunto il declino fisico, dieci anni fa, entrando così nell’ultima fase della sua vita terrena, “mettendosi da parte, consumandosi per donarsi pienamente”. Le immagini che scorrevano sullo sfondo hanno mostrato, in tutta la loro onestà, il ritorno della religiosa ad una situazione infantile, dovendo reimparare quei normali gesti quotidiani, limati e limitati dalla malattia. La fossanese suor Claudia Giraudo, responsabile delle consacrate della Comunità, le suore Missionarie della Risurrezione, non ha nascosto la sua iniziale difficoltà ad accettare questa situazione, arrivando però poi ad “accogliere che è bello e giusto che la vita vada nell’eternità”.
La celebrazione eucaristica del funerale
Delle notizie biografiche della sua vita si è continuato a dare lettura nel momento iniziale dell’eucarestia funebre. Anche questa tenutasi nella gremita tensostruttura, ma con altrettanta presenza di fedeli riuniti davanti ai maxischermi esterni, nel parco antistante la Casa madre. Qui la salma, proveniente da Pagno (dove si trova la casa delle suore), è stata posta durante la mattinata, per chi avesse ancora voluto renderle omaggio. La celebrazione è stata presieduta dal vescovo di Saluzzo, Cristiano Biodo, e concelebrata dai vescovi Piero Delbosco (Cuneo e Fossano), Marco Arnolfo (Vercelli), insieme a tutti quelli emeriti e ai moltissimi sacerdoti provenienti dall’Italia e dalle altre parti del mondo in cui la Comunità Cenacolo è presente con le sue 72 fraternità. Che in gran parte sono sbocciate in seguito alla casa nata a Medjugorie, attraverso la quale la Comunità si è fatta conoscere, ed è stata fortemente voluta ed impiantata in diverse aree geografiche, fino ad ottenere il riconoscimento dal Pontificio Consiglio per i laici, come Associazione privata internazionale di fedeli, il 16 ottobre 2009. Una realtà ecclesiale in cui i molti ragazzi e ragazze che espressero, lungo gli anni, il desiderio di rimanere per consacrarsi, possono ora farlo, rendendo la loro scelta non solo possibile, ma consolidata.
“Non basterebbe una vita intera per dirti grazie”
“Non basterebbe una vita intera per dirti grazie”, ha detto don Stefano guardando la bara. Contenere comunque tutte le espressioni di gratitudine, manifestate a più riprese, da, e per più categorie di persone, durante i diversi momenti dello svolgimento dell’eucarestia, ha richiesto tempo. I ringraziamenti sono partiti proprio dal responsabile comunitario verso tutti i presenti, e verso chi, avendo dei ruoli, ha inviato le sue condoglianze, come il prefetto di Cuneo, Fabrizia Triolo, e il prefetto del Dicastero pontificio dei Laici Famiglia e Vita, Kevin Farrell. Quindi il cordoglio del Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, e un grazie molto sentito della Comunità a Papa Francesco, “che, prima di partire per Lisbona”, sapendo della morte, “ha voluto incontrare, a uno a uno, i giovani della nostra Fraternità di Roma”. E poi “alle suore, con cui suor Elvira è stata circondata fino alla fine”.
“Grazie Madre Elvira” ha detto il vescovo Biodo nell’omelia, rivolgendosi direttamente alla religiosa, “a Dio che mi ha dato il dono di conoscerti; una donna che si è offerta totalmente a Lui. Siamo dunque qui per impetrare saggezza e coraggio con fedeltà”. Sull’esempio della pagina evangelica del buon samaritano, letta durante la messa, anche “lei, povera e ferita dalla vita, ha sperimentato la cura del Divino viandante. Lei, salvata, salva” e, “con un contagioso sorriso, ci consegna ora il monito di amare e pregare. Non ha cercato nulla per sé”, ha aggiunto, “ma per chi gli era stato affidato, restituendolo alla gioia di vivere”. Dunque, ha infine detto il vescovo, è stata testimone di “una Chiesa che suda e si sporca le mani”, testimone “di una Chiesa che prega”.
La salma portata a spalle fino a Pagno
Un lungo succedersi di fedeli ha espresso diversi “grazie” alla Madre, a nome di questa o quella categoria di persone, sostituendo la consueta preghiera dei fedeli prevista dalla liturgia cattolica e lasciando spazio alla commozione, ma senza tristezza. Oltre ad alcuni toccanti momenti liturgici, come l’esecuzione artistico - musicale e corale comunitaria, e la danza su un canto di lode, durante l’offertorio, eseguita dalle suore della Risurrezione.
Nella cappella della loro Casa a Pagno, viene tumulato oggi, 11 agosto, il corpo di suor Elvira, non prima però di esservi portata in spalle, con un percorso a piedi di circa due ore, “come segno di gratitudine per averci fatto camminare tutti”, ha spiegato don Stefano. “Durante il tragitto si fa inoltre una sosta davanti al Duomo di Saluzzo, come segno di grazie alla città, con la quale, in questi 40 anni, si è costruito un rapporto di serena fiducia”.