Oppenheimer
di Christopher Nolan; con Cillian Murphy, Emily Blunt, Robert Downey Jr., Matt Damon, Rami Malek, Usa, 2023, durata 180 minuti.
Film attesissimo per il cui lancio è addirittura nato il neologismo “Barbienehimer”, coniato dai fan quando un anno fa la Universal svelava la data d’uscita del film di Christopher Nolan e la Warner Bros rilanciava annunciando che “Barbie” sarebbe uscito negli Usa lo stesso giorno, il 21 luglio 2023 e con i registi Christopher Nolan e Greta Gerwig che commentavano questa “rivalità amichevole” su blog e giornali; perfino Tom Cruise, per incoraggiare i fan a tornare al cinema, ha pubblicato un post in cui si mostrava con in mano i biglietti di “Barbie” e “Oppenheimer”.
In Italia questo “scontro al box office” non è avvenuto perché il film di Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling è uscito il 20 luglio mentre “Oppenheimer” è arrivato in sala pochi giorni fa, il 23 agosto.
Biopic storico in larga parte in bianco e nero (e girato in pellicola in Imax 70mm, ma in Italia non ci sono praticamente sale in grado di supportare questo stupefacente e magnifico formato) sull’uomo che costruì la bomba atomica (ma è anche il primo film biografico di Christopher Nolan che tuttavia non rinuncia a giocare con la struttura temporale della storia per realizzare un ritratto a più facce del suo protagonista) “Oppenheimer” è un film potente e, per certi versi, potremmo dire strabiliante per come Nolan è riuscito ad affrontare la complessità della materia. Precisissimo se non maniacale nella costruzione dell’ambientazione e nei dettagli di carattere scientifico che rappresentano il vero valore aggiunto del film (di quanti film abbiamo dovuto sopportare l’approssimazione scientifica, storica e dunque narrativa che toglie valore e credibilità al racconto?), il film di Nolan è un’incredibile, spettacolare parabola sulla perdita di innocenza della fisica e della scienza che si sviluppa in un arco temporale di circa trent’anni, dal 1926, quando il giovane studente di fisica J. Robert Oppenheimer dell’università di Cambridge viene letteralmente folgorato dalla lezione del professor Niels Bohr all’ascesa del protagonista, dai dipartimenti di fisica dell’università sino alla direzione del laboratorio di Los Alamos, dove Oppenheimer darà vita alla prima bomba atomica aprendo la strada al tragico epilogo della Seconda guerra mondiale di cui l’ordigno rappresenterà l’atto finale. In mezzo c’è la storia e la crescita di un personaggio, la sua maturazione come uomo e scienziato, c’è la guerra, i nazisti, le domande tra bene e male, tra ciò che si può fare e ciò che è necessario fare. Una vicenda che ragiona sul delicato e sottile rapporto etica e scienza, che parla del nostro recente passato per illuminarci circa il nostro nebuloso presente.
Da non perdere.
Last film show
di Pan Nalin; con Bhavin Rabari, Bhavesh Shrimali, Richa Meena, Dipen Raval, Rahul Kohli, India, Francia, Usa, 2021, durata 110 minuti.
Il piccolo Samay ha nove anni, la mattina va a scuola e il pomeriggio aiuta il padre che gestisce un chiosco per la vendita del tè vicino alla stazione ferroviaria del suo villaggio, nel cuore dell’India. Un giorno il ragazzo e il resto della famiglia si recano al cinema e da quel momento in poi la vita di Samay cambierà per sempre. Il cinema infatti cattura e strega il piccolo fanciullo che avrà occhi e orecchi soltanto per il grande schermo. Né la scuola, né la famiglia, né gli impegni di lavoro con il padre avranno più importanza, la sola cosa che conta per Samay è la magia del cinema. Naturalmente il ragazzo non ha i soldi per pagarsi l’ingresso in sala e viene regolarmente buttato fuori sino a che riesce a stipulare un accordo con il proiezionista: potrà guardare tutti i film in cabina di proiezione in cambio dei prelibati piatti preparati dalla mamma del ragazzo (all’insaputa del babbo), e il cinema diventerà definitivamente carne e sangue del piccolo Samay.
Scelto per rappresentare l’India agli Oscar 2023, il film di Pan Nalin è un delizioso racconto di formazione e al contempo una favola edificante, una sorta di versione indiana di “Nuovo cinema Paradiso” di Tornatore di cui riprende tema, tempi e movenze; entrambi infatti sono film imbevuti di cinema, di memoria e nostalgia, entrambi trovano nella pellicola e nella luce la quintessenza del racconto cinematografico (anche se Nalin si spinge più avanti nella sua riflessione giungendo a chiedersi quale possa essere il futuro del cinema nell’era del digitale) e nel cinema la quintessenza della narrazione moderna. L’uomo è naturalmente affamato di storie perché soltanto attraverso l’onirica potenza del racconto possiamo trovare le ragioni del nostro stare al mondo, poiché come ricorda William Shakespeare: “Siamo fatti della stessa materia dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”.