A Parigi a passo di danza

A tu per tu con Hélène Berthelot, da due anni in Francia

Helene Berthelot
Ph. Jessi k photographie

Ha 21 anni Héléne Berthelot e sta scrivendo pagine importanti della sua vita nella Ville Lumière. Da due anni, infatti, la giovane ballerina fossanese vive a Parigi dove continua a formarsi lavorando al contempo con numerose compagnie e coreografi. Originaria di Fossano, Hélène ha spiccato il volo giovanissima quando, a tredici anni si è trasferita a Milano per frequentare l’Accademia Ucraina di Balletto, diplomandosi parallelamente al liceo linguistico. 

Ti  sei trasferita a Parigi dopo il diploma. Come hai maturato la scelta?
Durante il lockdown ho scoperto su Instagram una scuola che faceva lezioni online. Avevo sempre studiato danza classica e la Neodance School proponeva invece una formazione molto variegata, anche con altri generi. Quando ho finito il liceo mi sono quindi iscritta a Parigi e ho frequentato la scuola per un anno. Mi sono così aperta a moltissimi generi: dall’Afro alla Dance Hall, dai Tacchi al Contemporaneo, dal Jazz all’Hip-Hop. Questo mi ha aperto gli orizzonti e ho quindi deciso di proseguire la mia formazione lavorando. Ora sto collaborando con due piccole compagnie: una di danza contemporanea e una di eventi che organizza spettacoli di molti generi diversi per feste private in tutta la Francia.

Com’è danzare a Parigi?
Semplicemente stupendo, molto ricco! Ci sono tantissime opportunità, stili diversi, persone diverse che offrono stimoli continui. Quest’anno ad esempio sto approfondendo i balli di coppia come la salsa, la bachata e anche la kizomba. A ogni occasione si aprono nuove cerchie di conoscenze di persone che provengono da ambienti diversi e che hanno un vissuto da condividere. Questo è arricchente sia dal punto di vista umano che da quello formativo, perché posso approdare a stili nuovi. Parigi è una città che offre continue opportunità.

Parlando di Francia e di opportunità. Com’è il confronto con l’Italia?
C’è molta differenza. Ci sono incubatori creativi dove i coreografi possono lavorare con i ballerini e molte occasioni di residenze. Talvolta è possibile vincere delle residenze tramite concorsi coreografici: sia il pubblico che i privati mettono a disposizione strutture dove è possibile lavorare a uno spettacolo nuovo. I francesi seguono molto la danza e ci sono luoghi dove è possibile allenarsi a porte aperte, il più famoso è il “104”. Le persone vengono a vedere le prove e capita spesso di ricevere offerte di lavoro grazie a queste situazioni. Inoltre molte scuole di danza e non solo, propongono lezioni a gettone. Ci si può prenotare per una lezione singola o acquistare dei carnet. In questo modo si può lavorare con molti coreografi e professori diversi migliorando lo stile e confrontandosi con persone diverse. 
Io in Italia ho sempre lavorato nel campo della danza classica, ma ho molti amici che danzano e mi confermano che in Italia è molto diverso. Pur essendo il livello molto alto, ci sono meno opportunità e anche meno fondi a disposizione della danza.
Un grande strumento che hanno gli artisti in Francia è la cosiddetta “intermittence”: una volta raggiunto un minimo di cachet gli artisti sono pagati anche quando non lavorano, ma, ad esempio, sono in creazione. Questo consente di lavorare meglio contando su una remunerazione costante.

In questi anni hai incontrato molti coreografi quali citeresti tra i più significativi?
Dovendo scegliere ne citerei due. La prima è Romane Deprovins, una ragazza belga incredibile che è stata una delle prime coreografe con cui ho fatto delle lezioni già quando ero ancora in Italia. Poi c’è un coreografo con cui sto lavorando adesso che viene dal mondo dell’Hip-Hop, Joker Yudat. Stiamo facendo una creazione con 18 ballerine, un misto di Hip-Hop, Freestyle e Newstyle molto interessante. Lui è vulcanico,  un coreografo che fa moltissima ricerca rinnovandosi sempre in un modo unico, profondamente suo.

E un ricordo particolarmente significativo, uno spettacolo?
Ho provato una grande emozione a fine formazione. La scuola dove ho studiato ha organizzato al Palais des Glaces uno showcase perché ha anche un’agenzia di eventi. C’era un pubblico di programmatori, coreografi, personaggi dell’ambiente artistico e lo show è durato 4 ore. In quell’occasione io ho portato 13 creazioni ciascuna di circa 5 minuti, di una ero anche co-coreografa insieme a due compagne di corso.

Dove ti vedi in futuro? 
Posso solo dire di essere aperta al viaggio e a tutte le opportunità che vi possono essere. La bellezza è che posso cambiare idea ogni giorno, è una visione un po’ da artista, me ne rendo conto, ma è così che la vedo. Mi piacerebbe lavorare in Giappone o in Australia, chissà, magari in futuro ci saranno opportunità. Vivere a Parigi è bellissimo, ma anche stressante. Non so se in futuro vorrò restare qui.

Hai detto che le opportunità di lavoro sono molte, qual è la trafila da seguire?
Fondamentalmente ci sono tre modi per avere dei lavori. A volte prendendo lezioni da un coreografo, ti nota, ti apprezza, e ti inserisce in un lavoro che sta facendo, come un video clip o uno spettacolo. Altre volte arrivano a me perché qualcuno ha parlato bene di come ballo e di come lavoro. Questi sono i metodi più efficaci. Ci sono però anche moltissime audizioni. Sono tantissime e infatti ci sono molti italiani che vengono in Francia solo per partecipare. Ci sono mesi in cui arrivo a fare tre o quattro audizioni in una settimana. Sono estenuanti. Ad alcune si accede con una preselezione, ma altre sono aperte e capita di essere persino in 600. In molti casi, come prima cosa al mattino viene data la coreografia che va imparata e poi possono passare ore prima di essere chiamati a ballare. Capita che in venti minuti ti mandino via dopo averti solo guardato camminare o che durino fino a 10 ore tra attese e ballo. In quelle ore, senza sapere quando sarà il proprio turno, occorre fare un grande sforzo per ricordare la coreografia, tenerla nella mente e nel corpo, e allo stesso tempo rimanere concentrati e rilassati. Quando vanno bene è  fantastico, mentre se vanno male è frustrante, ma il fatto che ce ne siano tante fa relativizzare anche il fatto dell’audizione.

In questo periodo Parigi è al centro della cronaca anche in Italia per molti allarmi per terrorismo. Cosa percepisci tu? Come vivi questo momento?
Parigi ha sempre qualcosa. Ogni mese c’è una nuova emergenza. Il mese scorso le cimici, prima ancora gli scioperi e ogni volta c’è qualcosa di pericoloso ma la gente continua a fare la sua vita, anche di notte a ogni ora c’è tantissima gente in giro. È sempre viva, c’è sempre qualcosa da fare e da vedere. Ogni quartiere è a sé stante con caratteristiche diverse: si è nella stessa città ma allo stesso tempo sembra di essere in città diverse. Ci sono tante belle cose, belle persone, begli incontri. In questo periodo forse c’è un po’ meno gente in giro, ma in realtà il cambiamento è quasi impercettibile. Hanno annullato gli Mtv Awards e avrei dovuto fare un’audizione che è stata cancellata, ma i francesi sembrano non percepire la gravità delle situazioni. Non è tutto rose e fiori comunque. Il negativo è che è una città sporca, con tanti topi. Inoltre è una città in cui c’è una differenza abissale tra ricchi e poveri. Ci sono tantissimi senzatetto, fino a 50 sotto ogni ponte vicino alle stazioni delle metropolitane. Purtroppo questa è la normalità.