Come ogni 25 dicembre, Francesco si è affacciato dalla Loggia delle Benedizioni e ha pregato insieme a circa 70 mila fedeli riuniti in Piazza San Pietro per la benedizione Urbi et Orbi del giorno di Natale.
Il discorso pronunciato prima di impartire la tradizionale benedizione è stata un'accorata supplica di pace: per la martoriata Siria, per lo Yemen sofferente, per l’Ucraina devastata, per l’Armenia e l’Azerbaigian in lotta, per il Sahel e il Corno d’Africa teatri di tensioni e conflitti, per la Corea ancora divisa, per tutti i coloro che sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore.
In Israele e Palestina “la guerra scuote la vita di quelle popolazioni”. “Le abbraccio tutte, in particolare le comunità cristiane di Gaza e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio - ha detto il Papa -. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale”.
“Il mio pensiero va poi alla popolazione della martoriata Siria, come pure a quella dello Yemen ancora in sofferenza. Penso al caro popolo libanese e prego perché possa ritrovare presto stabilità politica e sociale”. Quindi Francesco implora “la pace per l’Ucraina”, rinnovando “la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio”.
“Si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian. La favoriscano la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità. Non dimentichiamo le tensioni e i conflitti che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come anche il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura”.
Nel messaggio natalizio, Papa Francesco ricorda i principali scenari di guerra nel mondo: “Il Figlio di Dio, fattosi umile Bambino, ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni”.
“Nella Scrittura, al Principe della pace si oppone “il principe di questo mondo” che, seminando morte, agisce contro il Signore, “amante della vita”. Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti. Quante stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi”.
Per il Santo Padre, dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, “a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”. “Ma per dire ‘no’ alla guerra bisogna dire ‘no’ alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo!”.
“Dal presepe, il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce – prosegue il Pontefice -: voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli”.
Infine, il Papa richiama “il tempo di grazia e di speranza del Giubileo” che inizierà tra un anno: “Questo periodo di preparazione sia occasione per convertire il cuore; per dire ‘no’ alla guerra e ‘sì’ alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama”.