Ci sarà molto da lavorare in questo primo semestre dell’anno nell’Unione europea e non basterà il giorno in più di questo febbraio “bisestile” per assicurare un bilancio positivo in vista delle elezioni del Parlamento europeo il prossimo 9 giugno.
Proviamo a tracciare un primo elenco di impegni, senza escludere che l’attualità politica internazionale ne aggiunga altri. Si parte dalla difficile solidarietà da mantenere nei confronti dell’Ucraina in guerra, mentre è in corso l’altro pericoloso conflitto israelo-palestinese che vede l’Ue frammentata, per proseguire con il problema di non facile soluzione tra l’esigenza di riformare l’Ue e di procedere a nuovi impegnativi allargamenti. Senza dimenticare che adesso il “Patto migrazione e asilo” dovrà tradursi in azioni concrete e convincenti per un’opinione pubblica molto sensibile sull’argomento.
Sono in agenda anche l’adozione di nuove regole di bilancio dopo l’adozione del nuovo “Patto di stabilità e crescita”, il rilancio del mercato unico cui sta lavorando per la Commissione Enrico Letta e quello della competitività europea affidato all’esperienza, e forse a una futura responsabilità comunitaria, di Mario Draghi.
Se tutto questo non bastasse, questo sarà un semestre importante anche per gli sviluppi della transizione ecologica dopo la COP 28 di Dubai e la necessità di regolare l’area del digitale, tra la competizione dei giganti del numerico e l’irruzione dell’Intelligenza artificiale, con le opportunità e i rischi che comporta.
Non va dimenticato che questa agenda pesante si inserisce in un contesto politico non proprio favorevole, con le turbolenze in corso a livello mondiale in un anno che vedrà mezza popolazione mondiale alle urne, con segnali non confortanti che potrebbero arrivare dalle elezioni di novembre negli Usa, mentre non mancheranno le fibrillazioni nei Paesi membri Ue e nelle Istituzioni comunitarie in vista delle elezioni del Parlamento europeo.
In questo contesto anche l’Italia dovrà fare i conti con problemi di non facile soluzione, a cominciare dalla gestione delle sue finanze pubbliche zavorrate da un debito che fila verso i 3.000 miliardi di euro con il costo degli interessi previsti attorno a 100 miliardi e una crescita al momento sovrastimata, ma che difficilmente si avvicinerà all’1% del prodotto interno lordo.
Non sarà facile nemmeno progredire sul versante del governo dei flussi migratori nonostante l’accordo raggiunto a Bruxelles che fa leva sulla chiusura degli ingressi e su complicate procedure di respingimento. Il fallimento della cooperazione con la Tunisia sembra preludere a qualcosa di simile con l’Albania: in entrambi i casi pesa sulla politica migratoria italiana un progressivo indebolimento dei diritti delle persone.
Non sarà in discesa nemmeno la politica in favore della transizione ecologica, sulla quale il governo italiano si è distinto per misure dilatorie e deroghe ai vincoli europei. Un atteggiamento che si riproduce anche sul rispetto degli impegni presi in materia di concorrenza, come nel caso dell’immissione sul libero mercato delle concessioni balneari e dell’esercizio del commercio degli ambulanti e non aiuta, in questo contesto di ricorrenti infrazioni al diritto comunitario, anche la recente abolizione del reato di abuso d’ufficio, in contrasto con gli impegni presi nel quadro del “Piano di ripresa e resilienza” (Pnrr), in costante ritardo di realizzazione.
Molti di questi nodi verranno al pettine in occasione del voto: sarà importante che l’elettore abbia su questi temi una corretta informazione per poter esercitare correttamente il suo dovere nell’urna.
Primo semestre 2024 impegnativo per l’Unione europea
EUROPA - Rubrica di Franco Chittolina