Terzo appuntamento con la rubrica “Parole di Pace”, in collaborazione con l’Agd, agenzia giornali diocesani di Piemonte e Valle d’Aosta. In ogni puntata una voce del territorio per parlare di pace, costruire la pace, anche dal basso. Dai luoghi della nostra vita.
Guerra mondiale a pezzi e i suoi pezzi sono sempre di più e più cruenti, più minacciosi. Guerra che noi vediamo in Tv o la leggiamo sui giornali o la commentiamo sui social e ci dicono di morti, di città distrutte, dello scoppio di missili e di droni, di sirene di allarme, del terrore negli occhi e nei pianti dei bambini, di corpi martoriati e violati.
Sappiamo, o crediamo di saperlo, cosa è la guerra e perché la si fa, per interessi, per la terra e per l’oro, per invidia o frustrazione, per cultura o religione, per sfogo di tensioni, per capro espiatorio, per distrazione di massa. Per identità inconciliabili, per valori irrinunciabili. Non negoziabili
Ma non siamo assuefatti al dolore del mondo, che ci rode lo stomaco, con la rabbia per la nostra impotenza e per gli indifferenti. E non ci bastano gli opinionisti, i commentatori da talk show, e il tiro alla fune delle responsabilità reciproche, il cui abuso può rendere impossibile la pace.
E non possiamo limitarci ad essere spettatori delle tragiche immagini e non possiamo voltare la testa dell’altra parte.
Sentiamo il dovere di fare la nostra parte, per quanto possiamo, in prima persona.
Come Cooperazione e solidarietà internazionale, con i volontari e i cooperanti dei Soci della Focsiv siamo presenti in contesti di guerra, delle guerre recenti e vicine e delle guerre dimenticate e lontane, che ci siamo già lasciati alle spalle. Ci siamo anche solo per poter tenere accesa almeno una piccola luce di speranza e per tradurre la speranza in fatti concreti e almeno per alleviare il dolore, qualcosa è meglio di niente.
La costruzione della pace è un processo lungo. La pace si fonda sulla giustizia e sulla lotta alle diseguaglianze. Dobbiamo investire ogni nostro sforzo per una società giusta, libera, basata sui diritti e sulla pratica del bene comune. Per costruire la pace dal basso, nella vita di ogni giorno, con azioni come gocce d’acqua, quelle che scavano le pietre.
Lavorando nelle periferie più tumultuose di vita e nei villaggi più lontani, scavando un pozzo, costruendo una scuola o un’infermeria, piantando alberi, curando un malato, nutrendo un bimbo, rendendo umano un carcere, sostenendo lo sviluppo di una piccola azienda artigiana o contadina, salvando dall’estinzione un umile specie vegetale, sostenendo i diritti dei popoli indigeni, promuovendo l’associazionismo e la cittadinanza attiva.
Con progetti comuni, in partenariato. Dialogando e lavorando con le comunità locali, con la società civile, con le associazioni, con le famiglie e le persone vulnerabili per esprimerne le potenzialità e con il protagonismo delle donne. E con il dialogo interculturale e interreligioso.
E con la “Campagna 070”: iniziativa promossa da Focsiv, AOI, CINI, Link 2007 che chiede al Governo italiano di rispettare, entro il 2030, l’impegno assunto in sede di Nazioni Unite oltre cinquant’anni fa, di destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo italiano all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo. Anche in questo modo, la Cooperazione internazionale prova a tradurre in pratica quella responsabilità di “parte integrante e qualificante della politica estera dell’Italia” che il Legislatore le ha assegnato.
E pace è anche verificare una modesta proposta, forse utopica, forse sentimentale: nel 1947, con la nostra bella Costituzione, il Ministero della Guerra venne trasformato e rinominato Ministero della Difesa, con i vincoli definiti e condivisi dai Costituenti. A quando un ulteriore passo avanti, con il Ministero della Pace?
Perché non ci accontentiamo delle parole senza azioni, delle azioni senza politiche e delle politiche senza cambiamenti profondi.
Ivana Borsotto, Presidente Focsiv