di Nicole Holofcener; con Julia Louis-Dreyfus, Tobias Menzies, Michaela Watkins, Arian Moayed, Owen Teague.
Don è uno psicologo dai modi informali, Beth una docente di scrittura creativa. Sono una bella coppia, solidale e affiatata e da oltre trent’anni condividono gioie e passioni della loro esistenza. I loro migliori amici sono Sarah e Mark, lei è la sorella di Beth ed è un’arredatrice dal gusto modesto ma dai molti, esigenti clienti, lui è un attore di mezza tacca in perenne crisi di fiducia e autostima. Don e Beth hanno anche un figlio, Eliot che, nonostante il disappunto della madre che lo ritiene sprecato per quella professione, gestisce un negozio di vendita al dettaglio di marijuana. Il menage familiare tra Don e Beth procede quieto e senza apparenti scossoni tra una cena al ristorante, un pic nic al parco con il figlio, un’affettuosa chiacchierata seduti sul divano di casa. Beth ha pubblicato un libro di memorie di discreto successo e sta per editare un romanzo, anche se i dubbi della sua agente ne stanno rallentando la pubblicazione. Don cerca in tutti i modi di rincuorarla sulla bontà del suo lavoro consigliandole addirittura di cambiare agente che, a suo dire, non è in grado di comprenderla. Un giorno però Don, abbandonati i suoi buffi e litigiosi pazienti per concedersi una pausa, passeggiando per negozi con il cognato Mark viene sorpreso da Beth e Sarah, anche loro intente a fare shopping, a fare un commento non positivo sul nuovo romanzo di Beth. Quella di Don è una classica “bugia bianca”, una cosa non vera detta però senza l’intento di ferire, anzi proprio con il chiaro intento di “non ferire” ma Beth, alle spalle di Don e non vista, coglie la frase al di fuori del contesto e si sente profondamente urtata e tradita nei sentimenti, un’offesa così profonda da incrinare la fiducia nel suo compagno di una vita e mettere in crisi l’intero rapporto.
Commedia agrodolce dai toni alleniani (il patrigno di Nicole Holofcener è stato uno degli storici produttori di Woody Allen e da ragazza la stessa Holofcener ha vissuto e respirato l’aria dei set alleniani facendo più volte la comparsa e poi l’assistente, sia in produzione che al montaggio), “A dire il vero” è un simpatico e riuscitissimo spaccato di vita borghese capace di farci riflettere sui modi e i tempi delle relazioni umane. Preferiamo la cruda verità o una pietosa bugia? Siamo in grado di chiedere agli altri di fare soltanto ciò che noi facciamo prima e meglio o, per dirla in modo evangelico, siamo davvero capaci di “non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi” (Beth, infatti accusa il marito Don di averle fatto ciò che lei stessa ha fatto in più occasioni con il marito e soprattutto con suo figlio Eliot)? Beth, Don, Mark e Sarah sono tutti, a diverso titolo, delle persone con fragilità (chi non le ha del resto?), Beth insegna scrittura creativa ma i suoi allievi non sanno neppure cosa lei abbia scritto e men che meno hanno letto le sue opere; Don è uno psicologo che in più di un’occasione ha confuso i suoi pazienti e le loro patologie e come terapeuta non è certo infallibile (un’esilarante, strampalata e litigiosissima coppia di suoi pazienti giunge persino a chiedergli la restituzione delle parcelle versate!!); Mark come attore è un mezzo disastro e i suoi successi sul palcoscenico si possono contare sulla punta delle dita delle mani di un monco, Sarah è un’arredatrice dal dubbio gusto che non ama i suoi clienti e neppure il suo lavoro e in aggiunta sia Sarah che Beth hanno un rapporto certamente poco sereno con l’anziana e aggressiva madre. Insomma, tutti, ma proprio tutti hanno la necessità di essere compresi e rincuorati alla bisogna, tutti sbagliano alla grande e tutti hanno bisogno degli altri e sarà Eliot, il figlio di Don e Beth in un illuminante dialogo a tre sul divano di casa a mettere definitivamente in luce le debolezze e gli errori suoi e dei suoi genitori.
Si ride, si scherza, ci si indigna, si riflette… è la vita, e la Holofcener ne racconta con garbo una fetta. Da vedere.