Accusa e difese (dodici imputati, tra tecnici e operai) sono ormai concordi nell’attribuire alla boiacca la responsabilità del crollo del viadotto della tangenziale di Fossano. È la miscela di cemento e calce che avrebbe dovuto trovarsi nei cavi di precompressione del ponte. Invece non ce n’era abbastanza, perlomeno nei conci dove i cavi si usurarono e, corrosi dall’acqua, finirono per cedere. Ma chi doveva far suonare l’allarme, ammesso che qualcuno potesse? Su questo le difese si rimpallano a vicenda le responsabilità: alla sbarra ci sono sei tecnici dell’Anas, presente a sua volta come parte civile, insieme ai dipendenti della Grassetto e della Ingegner Franco, ovvero le imprese che si occuparono rispettivamente della costruzione e della fornitura dei conci, i prefabbricati in cemento armato. E poi ancora i gestori dell’appalto per la manutenzione del 2006, ovvero i responsabili della ditta Pel.Car. L’accusa - disastro colposo - è comune. Per il resto ognuno cerca di dipanare a modo suo il groviglio di contestazioni che in alcuni casi riguardano l’imperizia nei lavori, in altri l’omessa vigilanza.
Articolo completo sulla "Fedeltà" di mercoledì 21 febbraio