“Romeo è Giulietta”

Romeo è Giulietta

di Giovanni Veronesi; con Sergio Castellitto, Pilar Fogliati, Margherita Buy, Geppi Cucciari, Maurizio Lombardi, Domenico Diele, Alessandro Haber, Italia, 2024, durata 102 minuti. 

“Romeo e Giulietta” è probabilmente una delle più belle tragedie di tutti i tempi e certamente una tra le migliori di William Shakespeare. Scritta tra il 1594 e il 1596, non soltanto nel corso dei secoli ha avuto migliaia (milioni?) di messe in scena a teatro, ma anche al cinema non si contano le traduzioni e trasposizioni, dalle più fedeli e filologicamente ortodosse (“Giulietta e Romeo” di Franco Zeffirelli, 1968) a quelle più magnificamente ardite e trasgressive (“Romeo + Juliet” di Baz Luhrmann, 1996, o “West side Story” di Robert Wise, 1961, e di Steven Spielberg, 2021), per citarne soltanto alcune. Ora con questo suo “Romeo è Giulietta” Giovanni Veronesi, regista e autore non insensibile, narrativamente parlando, ai richiami del passato (“I moschettieri del re” “Tutti per uno, uno per tutti”) parte dal capolavoro shakespeariano per raccontare con i toni della commedia una vicenda dai mille volti, un po’ storia d’amore, un po’ storia di riscatto, un po’ affresco sulle bellezze e le ipocrisie del teatro e del mondo dello spettacolo. 

Scritta da Veronesi insieme a Nicola Baldoni e a Pilar Fogliati che ne è anche la principale interprete, il film non soltanto rinnova la collaborazione tra regista e attrice nata con il precedente film di e con Pilar Fogliati (”Romantiche”), ma per certi versi ne riprende anche alcune modalità interpretative puntando sulle doti trasformistiche della Fogliati che in “Romantiche” vestiva i panni di quattro personaggi in quattro episodi diversi, qui due all’interno della stessa storia. 

Vittoria è una giovane e promettente attrice figlia, o meglio, nipote d’arte (stupendo il cameo di Margherita Buy nelle vesti della nonna Clara) che vuole fortissimamente fare teatro. Bella ma, soprattutto brava, Vittoria deve però fare i conti con un grave errore da lei compiuto alcuni anni prima quando, vuoi per leggerezza, vuoi per giovanile avventatezza e superficialità, si è appropriata, spacciandolo per suo, di un testo di un’autrice cilena portandolo in tournèe, peraltro con successo, nei teatri italiani. Va da sé che una volta scoperto e denunciato l’inganno, nell’ambiente il nome di Vittoria si è fatto imbarazzante e infatti anche al provino per il ruolo di Giulietta per lo spettacolo che Federico Landi Porrini sta mettendo in scena per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, l’inghippo torna a galla. Infatti, superato con successo il provino, Vittoria si vede negare il ruolo con parole di fuoco proprio in ragione di quel “furto di testo” dal Landi Porrini, regista tanto famoso quanto arrogante e maleducato. Ferita nell’animo Vittoria, con l’aiuto di Gloria (Geppi Cucciari) un’amica truccatrice che odia il Landi Porrini con tutte le sue forze, decide tentare l’impensabile: cammuffarsi da uomo e presentarsi ai provini per il ruolo di Romeo per poi sbugiardare davanti a tutti il presuntuoso e tracotante regista. Caso vuole però, che Vittoria alias Romeo, senza essere riconosciuta superi il provino e ottenga davvero la parte, precipitando Vittoria in una situazione tanto intricata quanto inattesa. 

Commedia leggera e intelligente che si stacca assai dalla precedente e talvolta corriva produzione di Veronesi, “Romeo è Giulietta” strizza l’occhio non soltanto, com’è ovvio, alla tragedia shakespeariana ma anche con intelligenza e garbo a pellicole come “Tootsie” e “Mrs. Doubtfire” per non parlare di “Victor, Victoria”, senza mai rinunciare tuttavia ad una propria cifra e a una propria originalità. Tutti i personaggi, dalla citata Pilar Fogliati /Vittoria/Romeo a un superlativo Sergio Castellitto/ Federico Landi Porrini, perfetto nell’interpretare il geniale e odioso regista (che certo è la somma di molti registi davvero esistenti ed esistiti) sino alla truccatrice Gloria/Geppi Cucciari, al fidanzato Rocco/Domenico Diele così come il compagno del regista Lori/Maurizio Lombardi sono tratteggiati con cura, ma è la struttura stessa della sceneggiatura il vero asso nella manica, scorre via leggera e senza intoppi e le numerose sotto trame – la relazione tra Vittoria e Rocco, quella tra Landi Porrini e Lori – si intrecciano alla perfezione con la vicenda principale della messa in scena dello spettacolo che trabocca di senso e di significati, dal tema del doppio (che a teatro è centrale sin dai tempi di Plauto per arrivare ad Antonin Artaud) a quello degli attori che “tengono più al ruolo che all’orgoglio”, alle frecciate al vacuo e superficiale mondo dei social contrapposto al rigore e alla serietà che il teatro richiede. Tante storie, una storia, e il palcoscenico del teatro a raccoglierle tutte. Gran bel lavoro signor Veronesi, complimenti.