Mattia, lo steward fossanese che coordina le crew svizzere

L’ultima volta che ho incontrato Mattia Ravotti di persona mi ha servito il caffè al bar Roma, dove lavorava con i genitori che gestivano il locale. Sono passati più di 10 anni e per riuscire a farmi servire nuovamente un buon caffè da lui dovrei essere migliaia di piedi sopra il livello del mare, a bordo di un aereo che attraversa i continenti.
La sua vita si è decisamente modificata, ha visto mezzo mondo, ha imparato quattro lingue ed ha tra le sue competenze la gestione della crew (la squadra di hostess e steward) che è sul suo volo intercontinentale.
Tutto è iniziato quando i suoi genitori hanno cessato la gestione del bar Roma: “Mi era venuto il pallino di imparare il francese - ci racconta Mattia -. Quindi sono andato a Nizza, dicevo buongiorno e grazie. Ho trovato subito lavoro in un bar di italiani e ho pensato che sarebbe stato magnifico. Invece si è rivelato un disastro, ma sono stato lì quasi 3 anni e questo mi ha consentito di imparare bene il francese”.
L’altro “pallino” di Mattia era fare lo steward sugli aerei: “Tra chi mi ha sconsigliato di farlo e chi mi ha detto che potevo essere adatto a questo ruolo ho deciso di ascoltare il secondo. E ho provato tre selezioni diverse, tra queste c’era la Swiss International Air Lines”. Mattia ha partecipato a Ginevra a una sorta di “Open day”. “Ci siamo ritrovati in coda in 530. Per la selezione ci vuole la lingua del posto (in questo caso il francese) più l’inglese. Devi portare tutti i diplomi che hai, una lettera di motivazione dove spieghi perché ti candidi e perché sei adatto a questa posizione. Si aggiungono interviste ‘in lingua’, simulazioni e ‘giochi di ruolo’ anche in gruppo, per vedere come ti relazioni con gli altri”.

La selezione è andata bene... Direi di sì. Sono stato uno dei 18 ad essere scelto. Dopo tutti i corsi di formazione sono diventato steward e ho iniziato il servizio da Ginevra: da lì partono quasi tutti voli a corto e medio raggio. Ho continuato a studiare e passare esami e sono diventato “capo-cabina” per il corto raggio - poi ho passato un esame federale (che è una ulteriore specializzazione) e sono diventato capo-cabina intercontinentale per il lungo raggio. Non volo più da Ginevra, dove continuo a vivere, ma da Zurigo.

Quali sono le destinazioni? Sono molteplici, tra i voli più corti c’è New York, uno dei più lunghi è Tokyo, che sono 14 ore e 30. Abbiamo 4 classi a bordo, (sul 330 Airbus si superano i 250 passeggeri). E tra i miei compiti il principale è ovviamente controllare che i passeggeri viaggino in sicurezza e che il personale di bordo svolga il proprio ruolo nel modo corretto, ma mi occupo anche di andare a salutare i “vip” che viaggiano con noi, che a volte sono persone famose, a volte sono più semplicemente fedelissimi clienti di Swiss.

Qual è la tratta che preferisci? Quelle asiatiche, come Tokyo o Shanghai, perché con quel fuso orario riesco a adattarmi meglio, ma soprattutto perché il rispetto e l’educazione che hanno è incredibile. Su determinate tratte, come Cina, India e Thailandia abbiamo membri dell’equipaggio che abitano sul posto e lavorano con noi solo su quei voli per aiutarci con i passeggeri che non parlano altre lingue, ma anche per ciò che concerne usi e costumi.

L’episodio che racconti più spesso? Quando di notte, con le luci spente per far riposare i passeggeri, abbiamo dovuto correre su e giù per l’aereo alla ricerca di un gatto che era scappato dal suo trasportino.

Ci sono stati anche momenti difficili? Ne ricordo un paio in particolare in cui ho dovuto mettere in pratica tutte le nozioni di primo soccorso che ci insegnano: abbiamo una formazione specifica e a bordo tutto quello che c’è in un’ambulanza. Possiamo usare tutto tranne le flebo a meno che non ci sia un medico; se la situazione è proprio critica c’è sempre la possibilità di dirottare.

E il Covid? Un momento difficile anche per noi. Si volava sì e no una volta al mese per mantenere le licenze. E si volava con aerei pieni di medicinali e attrezzature anziché persone. Però sapevi di trasportare materiale utile, che poteva salvare delle vite. Più complicata ancora è stata la gestione quando si è data la possibilità di viaggiare, ma con mascherine e sedili distanziati.

Il viaggio che più consiglieresti? Costa Rica senza dubbio: penso per lo stile e la filosofia di vita, la varietà del paesaggio che passa in un attimo dal mare alla montagna e per come preservano il loro territorio: hanno tanti turisti e fanno pagare loro il giusto. Cambierei solo il menu: riso e fagioli anche a colazione è davvero un po’ troppo.

È un mestiere che consigli il tuo? Io dopo 8 anni sono ancora entusiasta come il primo giorno. Parlo quotidianamente 5 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco) e se anche c’è “monotonia” nella destinazione cambia sempre la crew (solo a Zurigo siamo 3.500 assistenti di volo), quindi ogni volta è una nuova volta e questo lo adoro.

E Fossano? È sempre nel mio cuore. Non me ne sono andato perché non ci stessi bene, ma per esigenze diverse. Sono felice di tornarci ogni volta che posso, dalla famiglia che ora vive a Bene Vagienna e dagli amici.