Per fare una comunità ci vogliono persone e visione

EUROPA - Rubrica di Franco Chittolina

Mancano ormai poche settimane al voto per il Parlamento europeo dell’8-9 giugno e resta ancora molto da fare. È ancora scarsa l’informazione sulla dimensione europea della consultazione elettorale, prevalentemente rattrappita su quella nazionale. Come si trattasse di uno dei frequenti test elettorali locali, immiserita inoltre sulla competizione tra cosiddetti leader, tanto più aggressiva se questi si misurano tra alleati di coalizione o tra candidati ad allearsi.
Sono i connotati di una concezione provinciale della politica e non stupisce che a contendersi il consenso finiscano candidati non sempre con adeguata statura politica e le necessarie competenze per affrontare un compito complesso e di grande responsabilità, come quello di parlamentare europeo, chiamato a sedere per cinque anni nella Camera dei popoli d’Europa.
È questa un’Istituzione che ha visto negli anni crescere il suo potere, fino a diventare un fondamentale co-legislatore europeo insieme con il Consiglio dei ministri, chiamiamolo per capirci il Senato dei governi nazionali, dotato nelle decisioni comunitarie di un potere prevalente in questa stagione politica a tendenza intergovernativa.
Al Parlamento europeo non basta mandare volti noti, come in passato dall’Italia cantanti e attori comici, perché a Strasburgo c’è poco da ridere e divertirsi: bisogna affrontare dossier complicati, negoziare compromessi faticosi, spiegarne i contenuti ai propri elettori e renderli leggibili e condivisi da una maggioranza di cittadini europei. Selezionare con leggerezza persone a posti di responsabilità politica non avviene solo per il Parlamento europeo, comincia già a livello locale e nazionale e tutti noi abbiamo più di un nome in mente, visto come si concludono certe competizioni di casa nostra che abbiamo il vantaggio di conoscere meglio.
E poi ci vogliono persone non solo competenti ma anche capaci di visione, quella necessaria per chi sa di dover lavorare per le generazioni future, non per interessi immediati. L’Unione europea da ricostruire nei prossimi anni esige che si guardi a traguardi lontani, quando Stati Uniti avranno più urgenti priorità altrove che da questa parte dell’Atlantico, quando la Cina ci costringerà a una competizione commerciale da togliere il fiato se non ci riorganizziamo, senza dimenticare il ruolo che negli anni si guadagnerà l’India, a sua volta in una dura competizione con la Cina e quando questo nostro Vecchio continente sarà un continente sempre più vecchio e anche il nostro generoso welfare sarà messo sotto pressione rischiando di sfasciarsi.
Solo da una visione verso orizzonti di medio-lungo periodo potranno prendere forma efficaci progetti ambiziosi, come quello di progredire verso una sovranità europea con più avanzate politiche comuni nella difesa, nella fiscalità, nel progresso sociale e nella lotta per la salvaguardia della democrazia e dell’ambiente.
Non è facile trovare tracce credibili di tutto questo in quello che si sente raccontare da molte forze politiche nazionali ed è ancora meno credibile la scelta di correre nella competizione europea per poi tenersi stretta la poltrona nazionale e rinunciare al mandato, ingannando gli elettori, indebolendo il Parlamento europeo e ferendo le regole della vita democratica.
Toccherà ai cittadini elettori conoscere meglio la partita importante che si sta giocando in Europa, premiare chi rispetta le regole e chi ha visione futura e progetti coerenti. Non possiamo affidare a caso il mandato di rappresentarci nei prossimi anni durante i quali cambierà radicalmente il mondo e con esso le nostre condizioni di vita. Soprattutto i giovani dovrebbero prestarvi attenzione e non mancare l’occasione del voto, dal quale dipenderà molto del loro futuro, sperando che ce l’abbiano.