C’è il rischio di dividere il mondo tra amici e nemici, chi è con me e chi contro di me. I primi sono coloro che mediamente la pensano come me, con i quali ho cose in comune. Bello stare insieme, magari confrontarsi, ma con la consapevolezza confortante che alla fine ci si dà ragione a vicenda. E poi ci sono i nemici, quelli da tenere lontano, oppure, meglio ancora da lottare e da battere. Sempre meno si riesce a confrontarsi, ascoltare per poi controbattere o parlare per poi ascoltare una voce diversa. Che non significa necessariamente cedere, rinunciare alle proprie idee, fare a compromessi “al ribasso”. Il confronto, che può anche essere acceso, rovente è fatto di parola e di ascolto. Ed è una qualità rara quella di coloro che riescono a portare avanti le proprie idee con forza, ma continuando a fare esercizio di confronto e dialogo con tutti. Nel mondo dei social, ai quali abbiamo delegato molta della nostra vita sociale, e che sarebbe bene ricordare ogni tanto è fatta anche di relazioni “in presenza”, questo rischio di compattarsi e chiudersi in gruppi di interesse c’è. Come nel resto del nostro vivere, ma forse ancora di più. Con il pericolo di implodere nell’autoreferenzialità. Sono settimane cruciali per la vita politica e amministrativa di molti nostri Comuni, ma anche per la Regione e per la “casa comune” europea. C’è da augurarsi che il confronto sia vivo, magari anche acceso. Ma ci sia. L’alternativa è il piattume della rassegnazione che spesso fa rima con astensionismo ed è sconfortante. Confronto, allora. E che sia confronto vero, con l’attenzione al bene comune che è un obiettivo ancora più alto delle singole posizioni.