Terminata la grande maratona elettorale, mentre si continua con l’analisi del voto, e a vari livelli, dal locale all’europeo, ci si mette in pista per quello che sarà il “governo” dei prossimi anni, c’è un altro tema che passa in primo piano e che in qualche misura terrà banco nelle prossime settimane, facendo discutere, unendo, creando speranze, magari anche dividendo, intorno ad un pallone. Gli europei di calcio, anche se in forma leggermente minore rispetto a ciò che avviene per i mondiali, hanno la forza di unire, andando oltre e lasciando da parte le differenze e le divisioni. Lo hanno fatto anche i recentissimi europei di atletica regalando grandi soddisfazioni e qualche lezione di sport e di vita. Ora, affiancare sport e politica pare un azzardo, e probabilmente dovrebbero restare ognuno nel proprio ambito e nel proprio “campo da gioco”. Ma è innegabile che scene come quella che abbiamo visto di recente con la bagarre alla Camera, in cui si è passati dalle parole alle mani, ci fanno pensare alle risse da stadio, e a quella che è la deriva più vergognosa di certi ambienti sportivi, dove lo sport è solo un lontano pretesto per praticare violenze e prevaricazioni varie. C’è allora da imparare, forse, dallo sport vero, quello buono, dove si lotta ci si scontra, ma per qualcosa di superiore e non per annientare l’altro. Che è avversario, non nemico. Ci auguriamo che lo scontro politico - anche se duro, acceso - non trascenda mai. Che ci si confronti e si scontri sui temi, mai attaccando violentemente le persone. A tutti i livelli. Viviamo tempi già sufficientemente violenti, non abbiamo necessità di nuove piccole e grandi guerre.