Gorra ha ricordato don Natalino

Al tavolo dei relatori, c’è una fotografia in cui don Natalino Capra tiene in braccio una neonata: è Veronica, il primo bimbo nato nella Comunità di Gorra. Quando tutti coloro che potevano o volevano raccontare qualcosa sul padre somasco hanno parlato o letto davanti al pubblico, la stessa Veronica - ora adulta e mamma - compare, a sua volta con una bambina in braccio. E nessuna immagine può raccontare meglio di questa l’eredità che il sacerdote ha lasciato.

Lo scorso 26 luglio, la Comunità di Gorra - realtà tuttora presente nell’omonima frazione di Bene Vagienna - ha ricordato padre Natalino Capra, uno dei suoi fondatori, a quarant’anni dall’incidente stradale in cui il religioso perse la vita, insieme con un ragazzo di 17 anni, Milo Marzuoli. L’incontro è stato organizzato al Villaggio della gioia di Narzole, struttura - sempre dei padri somaschi - di cui il religioso era stato rettore, fino al trasferimento a Bene Vagienna. Nel paese dov’era nato nel 1936, il sacerdote fondò con alcuni giovani, nel 1980, la Comunità di Gorra, una “grande famiglia” che vuole accogliere tutti e che in passato ha offerto spesso un rifugio a persone provenienti da contesti familiari disagiati o con dipendenza da alcool e droga.

Tante le testimonianze, tanti gli aneddoti che quanti hanno conosciuto padre Natalino hanno presentato lo scorso 26 luglio, a volte senza riuscire a trattenere le lacrime. Fra gli altri ha parlato Mauro Alessandria, che fu con lui tra i fondatori della Comunità di Gorra: “Padre Natalino sapeva accogliere tutti con un sorriso”. Sempre Alessandria ha raccontato come nei primi anni della vita della Comunità di Gorra, quando si doveva far fronte a molte esigenze con poche risorse, padre Natalino aveva rinunciato al materasso e dormiva sulla rete del letto: perfino suor Elvira, fondatrice della nota comunità Cenacolo, lo ammonì perché non trascurasse così tanto se stesso aiutando gli altri.