Dopo le Olimpiadi, ecco le Paralimpiadi. Seppur in un contesto leggermente diverso, negli ultimi giorni è tornato forte l’entusiasmo per i colori azzurri, con i tifosi italiani che stanno seguendo da vicino le avventure parigine degli atleti impegnati nei Giochi Paralimpici organizzati in Francia. Il via è scattato il 28 agosto con ben 141 italiani in gara, la delegazione più ampia della storia per il Tricolore.
C’è chi a Fossano da tempo pratica uno sport paralimpico, coltivando, anche non troppo segretamente, il sogno di arrivare un giorno a disputare una rassegna a cinque cerchi. È Sofia Perlo, portacolori del Granda Waterpolo Ability e di recente entrata nel “circuito” della Nazionale italiana di pallanuoto paralimpica.
Sofia, nei giorni che hanno preceduto l’inizio delle Paralimpiadi, un tema più di altri si è fatto spazio sui giornali e in tv: la richiesta da parte di tanti campioni di essere considerati atleti, lasciando da parte una narrazione “vittimistica” della propria esperienza di vita. Ti ci ritrovi?
Sì, questo è un tema molto importante e attuale nel mondo dello sport paralimpico. Molti di noi atleti paralimpici, infatti, stanno esprimendo sempre più chiaramente il desiderio di essere riconosciuti e rispettati per le capacità sportive, invece di essere descritti come "guerrieri" o "vittime".
In che cosa ritieni che questo passo possa essere importante?
Questo cambiamento è cruciale per promuovere una percezione più equa e normale delle persone con disabilità. È proprio da qui che si eliminano gli stereotipi, siamo semplicemente persone comuni con un problema più evidente rispetto ad altri, non guerrieri o vittime!