In tutto ciò che ha fatto, fra Flavio Pina, capoverdiano, ci ha messo il cuore. Dal suo arrivo la prima volta a Fossano nel 2014 per studiare italiano, alla formazione teologica a Reggio Emilia, fino a ritornare, ancora una volta, nella città degli Acaja nel 2017, dove, in Cattedrale, veniva ordinato diacono. Sacerdote dal luglio dell’anno successivo (la celebrazione si svolse a Capo Verde), è stato quindi destinato a Fossano, occupandosi principalmente dei giovani, e poi del Centro missioni estere, di cui da due anni era responsabile.
Il 9 ottobre lascerà la nostra città per ritornare in patria, nell’isola di Fogo di cui è originario, per essere parroco e guardiano di un convento francescano del luogo. Nel porgere un saluto a quanti lo conoscono, ci ricorda la bellezza delle persone che lascia, e di quelle che incontrerà, con l’augurio che la Chiesa continui nel solco dell’apertura ai giovani, da cui lui è stato molto stimato.
Cosa senti più importante aver dato e ricevuto dalla Chiesa italiana in cui hai operato?
Ho cercato di trasmettere l’amore di Dio, con le parole, la gioia, il sorriso e la semplicità di vita; se quanto ho voluto trasmettere sia poi arrivato, non so... Io ho ricevuto tanto amore, tanta amicizia, tanto bene; persone, anche anziane (e adulti, famiglie e bambini) che mi vogliono bene. Per non parlare dei giovani, con cui ho fatto tanti campi. Cose che mi porterò, diciamo così, nello “zaino”, con la valigia, a Capo Verde, insieme ai loro volti, sorrisi, e al modo con cui sono stato accolto, che non do per scontato. Sono persone che mi hanno fatto sentire a casa. Quando ti senti a casa, lì dove sei, è molto bello, perché non senti la nostalgia di dove eri prima. Nelle vacanze andavo a Capo Verde, alla partenza dicevo a mamma, “torno a casa”, e lei mi rispondeva, “Flavio, anche questa è casa tua!”. Ma io sentivo casa mia a Fossano.
Tornato a Capo Verde, quali impegni ti saranno affidati?
Sarò parroco nell’isola di Fogo, della comunità dedicata a San Lorenzo; mi affidano questo convento (tre frati, oltre me) di cui sarò il guardiano, curando la vita fraterna e pastorale (per giovani ed anziani), con l’impegno nell’evangelizzazione, vivendo come fratelli il carisma francescano. È una piccola parrocchia di campagna, di circa quattromila abitanti, di estrazione contadina, anche se poi molti lavorano in città, che non è lontana. Però non c’è una farmacia, né un supermercato o altri servizi. E non c’è neanche internet che funziona bene! Ci sono invece due asili, e persone che lavorano con noi francescani che li portano avanti, mentre noi li assistiamo nella parte spirituale.
Quando due anni fa parlavi della responsabilità del Centro missioni estere, che ti fu affidata, dicevi “Sono giovane, al mio primo incarico…”. Oggi questo incarico è stato ancora riaffidato ad un altro giovane; dunque le responsabilità, che in Italia (in ogni settore) si fatica così tanto ad affidare ai giovani, aiuterebbero invece a rinnovare la Chiesa nel suo cammino pastorale?
Sì, affidare compiti ai giovani aiuterebbe tanto a rinnovare, non solo la Chiesa, ma anche la società. Abbiamo ancora tanta paura di affidare loro delle responsabilità a tutti i livelli (politica, scuola…), ed anche nella Chiesa stessa. Penso che la provincia francescana stia spingendo tanto per questo. Sappiamo che non ne siamo degni, e non dobbiamo portare avanti tutto sulle nostre spalle, ma dobbiamo fare insieme. Si affida un compito ai giovani? Questi devono sapere di poterlo svolgere insieme a chi c’era prima, e con una equipe. Mi auguro si continui così sia nella Chiesa, perché si apra sempre più a loro, sia nella società, perché dia loro delle opportunità.
Quale aspetto della tua nazione hai visto maggiormente sviluppato in questi anni (durante i quali hai continuato a visitarla) e quale speranza di miglioramento più grande ancora aspetti che vi avvenga?
Le due cose, per come le ho viste, vanno insieme. Ho visto crescere le scuole, tanti infatti possono ora studiare e frequentare l’università. Quando studiavo io non ce n’erano tante, ma adesso c’è la possibilità di studiare nel proprio paese, senza dover emigrare all’estero (da cui poi molti non rientrano), senza lasciare i propri genitori e amici. Però la difficoltà è che manca il lavoro per chi ha una formazione universitaria, come psicologi, ingegneri, insegnanti... che perciò devono cambiare settore di lavoro rispetto ai loro studi.
Un saluto a chi ti ha conosciuto...
“Grazie” per come sono stato accolto, dico a chi ha dato un bicchiere d’acqua che Dio non lo dimenticherà. E io non dimenticherò il bene che mi hanno fatto. E vi aspetto sia a Capo Verde, oppure a Fossano, se vi vengo a trovare: i legami che ci sono possono continuare.