Non che nell’estate i rapporti difficili tra l’Italia e Bruxelles siano andati in vacanza, ma alcuni almeno sono rimasti sotto traccia, pronti adesso a tornare in superficie e a generare nuove tensioni.
Sotto traccia o quasi sono rimasti l’irrisolto problema della ratifica del Meccanismo europeo di solidarietà (Mes), il nuovo rinvio delle concessioni balneari, i preparativi discreti per la formazione della nuova Commissione europea, che irrompe adesso come un problema politico di prima grandezza, insieme con la preparazione della legge di bilancio 2025.
Per quest’ultima era prevista una prima presentazione del progetto per il 20 settembre, scadenza che l’Italia è avviata a ritardare in attesa dei dati Istat sull’andamento dell’economia, forse più ancora perché far quadrare i conti è un’impresa non facile.
Stiamo infatti entrando in una nuova stagione di più ravvicinati controlli sui bilanci nazionali dei Paesi Ue da parte della Commissione europea sulla base del nuovo Patto di stabilità adottato tra mille tensioni lo scorso anno e adesso in vigore. Per semplificare le novità riguardano un più serrato dialogo tra la Commissione e gli Stati membri per il controllo della finanza pubblica entro vincoli di compatibilità prefissati in una prospettiva pluriennale.
Nel caso dell’Italia la prospettiva pluriennale si riferisce in particolare alla riduzione, nel corso dei prossimi sette anni, del debito pubblico ormai vicino alla soglia dei 3.000 miliardi di euro, con un costo annuale per gli interessi di circa 80 miliardi, risorse sottratte alle politiche pubbliche italiane. In questo quadro i vincoli che pesano sulle finanze pubbliche italiane sono pesanti e riducono di molto i margini di manovra per il governo, consentendogli solo due vie di uscita possibili: l’aumento delle entrate intervenendo sulla fiscalità con una lotta seria all’evasione e con la riduzione di favori a clientele varie e il contenimento della spesa pubblica drogata dalle molte bandierine della maggioranza. Una terza via, evocata sottovoce, potrebbe essere quella di intervenire sugli extra-profitti delle banche, ma è terreno minato.
L’esercizio è appena cominciato e non mancherà di provocare tensioni, da una parte in casa nostra già all’interno della maggioranza oltre che tra questa e l’opposizione e, dall’altra, tra Roma e Bruxelles, in una situazione italiana dove si vanno moltiplicando i settori in crisi e prosegue la caduta della produzione industriale, nonostante lo sbandierato aumento dell’occupazione, in gran parte precaria e con orari di lavoro ridotto. Una dinamica che si riflette sul futuro del sistema di welfare, dove sono in evidente sofferenza la sanità pubblica e la sostenibilità delle pensioni visto il crescente squilibrio tra i contributi in provenienza dal mondo del lavoro e la spesa previdenziale.
C’è da sperare che a Bruxelles non siano troppo tentati dalla leva del rigore, ma anche che a Roma diano prova di affidabilità finanziaria e di equità sociale. In caso contrario rischiamo, in Italia e nell’Ue, un autunno difficile con la Germania in crisi economica e politica, la Francia con il governo appeso a un filo e il rischio di una crisi istituzionale, mentre prosegue e si aggrava il conflitto in Ucraina e nel Medioriente e resta l’incertezza sull’esito delle elezioni presidenziali americane.
Tutte queste aree di crisi dovrebbero indurre le Istituzioni europee, a cominciare dalla nuova Commissione e dalla sua riconfermata presidente Ursula von der Leyen, a trovare una rapida soluzione per la scelta dei Commissari che rispetti gli equilibri politici emersi dal voto di giugno e consenta a tutte le Istituzioni Ue di cooperare, nei limiti delle competenze di ciascuno, per il rilancio del progetto europeo, meglio se nel senso auspicato dal recente “Rapporto sulla competitività” di Mario Draghi.
Settembre, è ora di fare i conti con l’Unione europea
EUROPA - Rubrica di Franco Chittolina