Un anno fa, nel settembre 2023, la lettera-appello di un margaro, Michele Colombero della Val Maira, sottoscritta da una trentina di altri allevatori delle vallate cuneesi, denunciava l’insostenibile situazione dei margari, costretti a tenere in stalla i vitelli perché nessuno li comprava. La crisi del mercato della carne era arrivata a un punto limite e a pagarne il prezzo più alto erano gli allevatori della Piemontese – impegnati in una produzione di qualità che non veniva assolutamente ripagata - e in particolare i margari, che si trovavano a fare i conti con diverse questioni, tra cui lo stravolgimento del comparto causato dal massiccio ingresso di allevatori che hanno poco a che fare con la Piemontese ma che, attratti dai contributi Pac, hanno inquinato il mercato.
L’appello lanciato dai margari fece rumore non solo perché “spontaneo”, frutto di un’organizzazione autonoma degli allevatori (segno di una reale espasperazione) ma soprattutto perché si prospettava il rischio di chiusura degli allevamenti in montagna, particolarmente significativi per la razza Piemontese, la cui immagine è fortemente legata al contesto alpino.
Anche per questo è apprezzabile lo sforzo degli organizzatori della 44ª Mostra nazionale della Piemontese di valorizzare questo aspetto con due iniziative che caratterizzano, anche culturalmente, la manifestazione: la proiezione, venerdì 8 novembre, alle 17, del documentario della Rai “Transumanza, il ritorno a casa” e l’esposizione, sabato 9 novembre, delle immagini del concorso “Ascolta, passa la mandria – campanacci e gambise”. Due eventi importanti, perché se il valore della Piemontese sta nella qualità intrinseca della carne, il valore aggiunto di questa razza nella sua storia, nella passione e nelle tradizioni che caratterizzare questo tipo di allevamento, che i giovani dimostrano di voler mantenere (ne è un esempio la Rudunà di Saluzzo, evento molto partecipato, soprattutto dai giovani). Saper comunicare tutto questo è importante quanto produrre bene.