di Gabriele Salvatores; con Pierfrancesco Favino, Dea Lanzaro, Antonio Guerra, Omar Benson Miller, Antonio Catania, Tomas Arana, Katie McGovern, Mitch Salm, Italia, 2024, durata 124 minuti.
Scritto negli anni ’50 da Federico Fellini e Tullio Pinelli e ritrovato in un baule cinquant’anni dopo, il soggetto di “Napoli-New York” ha immediatamente affascinato Gabriele Salvatores che, acquistati i diritti, ha deciso di scriverne la sceneggiatura e portarlo in scena. Avventurosa la storia produttiva, avventurosa la storia narrata che ha come protagonisti i giovanissimi Celestina e Carmine che dopo il crollo della casa in cui la piccola abitava con la zia si trova letteralmente a vivere per strada.
Orfana di entrambi in genitori morti durante la guerra, Celestina nel crollo dell’abitazione ha perso anche la zia con cui viveva mentre la sorella maggiore Agnese è partita per l’America insieme allo yankee che ha promesso di sposarla. Tutto ciò che le è rimasto è Carmine, un bambino appena più grande di lei che vive di espedienti per le strade di Napoli. Ma a fine anni ’40 la vita nei vicoli di Napoli è cosa dura e difficile e l’America è un sogno che ha le fattezze e il volto di George, un afroamericano di due metri che fa il cuoco sul transatlantico “Victory” ancorato in porto. Celestina e Carmine, senza neppure sapere come, finiranno per imbarcarsi come clandestini sulla nave, con negli occhi la disperazione e la fame della Napoli post-bellica e nel cuore il sogno americano.
Racconto dai tratti fiabeschi ma dalla struttura fortemente drammatica, “Napoli-New York” è un film per più di un aspetto “necessario” perché attraverso la dolcezza di sguardo dei suoi protagonisti Salvatores riesce a farci vedere la durezza delle situazioni, il razzismo della società statunitense e il disprezzo nei confronti degli stranieri di recente e meno recente immigrazione, siano questi italiani, irlandesi o afroamericani; attraverso l’odissea di Celestina/ Dea Lanzaro e Carmine/ Antonio Guerra (a dir poco stupendi) Salvatores ci ricorda chi siamo e da dove arriviamo, ci rammenta che c’è un’altra Italia fuori dall’Italia (dal 1861 al 1985 sono emigrati dal nostro Paese ben 19 milioni di italiani), che l’America è stata sogno e approdo per generazioni intere così come oggi il nostro Paese lo è per altri esseri umani (ma molti di noi questo lo hanno scordato). Sì, certo non sempre i migranti hanno la fortuna di incontrare personaggi come il commissario di bordo Domenico Garofalo (un burbero benefico che ha il volto di Pierfrancesco Favino), ma la sostanza del discorso nel complesso non cambia, perché chi non conosce e non ricorda da dove arriva non potrà mai sapere dove va. Da vedere.