di Ferzan Ozpetek; con Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Stefano Accorsi, Vinicio Marchioni, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Mara Venier, Milena Mancini, Anna Ferzetti, Paola Minaccioni, Kasia Smutniak, Sara Bosi, Luca Barbarossa, Milena Vukotic, Elena Sofia Ricci, 2024, Italia, durata 135 minuti.
Alberta e Gabriella Canova sono due sorelle che gestiscono a Roma una prestigiosa sartoria specializzata in abiti e costumi per il cinema e il teatro. È un laboratorio interamente al femminile dove si produce la bellezza delle cose - gli abiti, i costumi e gli accessori che le mani fatate delle sarte realizzano sono a dir poco incantevoli - ma dove però, per un’amara contraddizione, non abita la bellezza delle persone. Il clima di lavoro è pesante, peggio di una caserma, ma non una caserma qualsiasi, una delle peggiori, e lo spietato comandante ha il volto bellissimo e duro di Alberta/Luisa Ranieri.
La sequenza di apertura con l’accoglienza della giovane aspirante modista Giuseppina/Sara Bosi dice tutto, Alberta umilia in modo brutale la ragazza illustrando in maniera inequivocabile il clima che regna in sartoria. Ma non c’è solo Alberta, anche le altre hanno i loro drammi, diversi ma comunque importanti. Gabriella/ Jasmine Trinca convive da cinque anni con un terribile lutto familiare, Nicoletta/Milena Mancini deve vedersela con un marito violento e aggressivo, Paolina/Anna Ferzetti è una madre sola con un figlio piccolo da mantenere, Nina/Paola Minaccioni ha un figlio adolescente hikikomori e così via. Tuttavia, nonostante tutta questa infelicità, nonostante tutto questo dolore la sartoria sforna abiti e costumi di sublime bellezza, veste star del cinema e del teatro che si odiano cordialmente - Sofia Volpi/ Kasia Smutniak e Alida Borghese/ Carla Signoris - accoglie pazientemente (a volte un po’ meno pazientemente) le sfuriate della costumista premio Oscar Bianca Vega/Vanessa Scalera, e tutte le sarte, le modiste, finanche la cuoca Silvana/Mara Venier lavorano operose come tante formichine, a volta in lotta, più spesso solidali, costrette a fare i conti con un mondo che ha un estremo bisogno di loro ma che sembra non vederle.
Ozpetek racconta tutto questo con grande partecipazione, ritagliandosi degli spazi di commento in cui interviene in prima persona (e purtroppo sono i momenti meno convincenti del film) tracciando un toccante parallelo tra il lavoro della sarta e della costumista e quello del regista e dello sceneggiatore, per mettere in luce che il molto, o forse tutto, di ciò che viene fatto, visto e raccontato in un film è frutto di lavoro costante, pazienza, dedizione, cura dei dettagli, colore; la sequenza in cui Bianca Vega/Vanessa Scalera descrive come vorrebbe fosse realizzato un vestito ci mostra in maniera inequivocabile tutto ciò ed è, nei fatti, una vera e propria lezione di cinema. Il miglior Ozpetek degli ultimi dieci anni, semplicemente da non perdere.