di Marco Spagnoli; con Stefano Senardi, Enzo Avitabile, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Teresa De Sio, James Senese, Pietra Montecorvino, Tony Cercola, Gino Castaldo, Carlo Massarini, 2024, Italia, durata 94 minuti.
Dopo “Buon compleanno Massimo” (2023) e “Franco Battiato-La voce del padrone” (2022), Marco Spagnoli nel decennale della morte di Pino Daniele torna sugli schermi con un delizioso e toccante ritratto dell’artista napoletano scomparso esattamente il 4 gennaio del 2015.
Coadiuvato in sede di sceneggiatura da Stefano Senardi, già produttore di tre album di Pino e voce narrante del film, Spagnoli costruisce con cura sartoriale un racconto per immagini in grado di restituire allo spettatore non soltanto la potenza e la straordinaria bravura di un musicista qual era Pino Daniele ma anche lo spirito e il clima di una città come Napoli, vero e proprio alter ego del chitarrista.
Sono pochi gli artisti che nella loro carriera si sono identificati con tanta profondità con un luogo – Woody Allen con New York, Joyce con Dublino per citarne alcuni – e Pino Daniele è certamente uno di questi. Del resto “Terra mia” l’album d’esordio del 1977 è già una dichiarazione di poetica, così come il brano che apriva il disco “Napul’è”, era un vero e proprio inno alla città, come afferma infatti Enzo Avitabile sin dagli inizi l’obiettivo di Pino e di quel vasto movimento del “napolitan sound” che in lui si riconosceva era quello di “musicalizzare i territori”, di raccontare un luogo e un habitat in tutta la sua bellezza e le sue contraddizioni.
Alternando sequenze di concerti ad interviste televisive (con Gianni Minà piuttosto che con Jocelyn), testimonianze di colleghi (da Tony Esposito a Tullio De Piscopo, da Teresa De Sio a James Senese) e giornalisti (da Gino Castaldo a Carlo Massarini) sino all’ottima intuizione di far interpretare alcuni brani musicali di Pino da giovani e meno giovani artisti napoletani (e su tutti svetta Gabriele Esposito con “Yes, i know my way”), Spagnoli tratteggia con cura il ritratto di un artista universale che nella sua musica ha fuso blues, funky, jazz, sonorità partenopee e mediterranee in un suono unico e per certi versi irripetibile, una musica che nelle sue vene portava i drammi sociali e le richieste di riscatto di una realtà troppo spesso ignorata o raccontata con toni da cartolina illustrata, una cartolina che a Pino Daniele non piacque mai e che volle intenzionalmente stracciare per dipingere attraverso le sue note una Napoli e un Sud più vicino a ciò che i suoi occhi ogni giorno vedevano. Da non perdere.