L’abbaglio

L'abbaglio

di Roberto Andò; con Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Tommaso Ragno, Leonardo Maltese, Giulia Andò, 2025, Italia, durata 131 minuti.

La scena si apre con un intenso dialogo tra Giuseppe Garibaldi (Tommaso Ragno) e il colonnello Vincenzo Giordano Orsini (Toni Servillo). L’eroe dei due mondi sta preparando lo sbarco in Sicilia, la sua impresa più ardua e arrischiata di sempre, ed ha assoluto bisogno di uomini fidati e il colonnello, di sicura fede democratica, è tra questi. Orsini è un militare esperto e in quanto siciliano conosce bene il territorio e gli umori della sua terra natia che “si rivela nei silenzi e nelle parole che la gente non dice” e in ragione di ciò Garibaldi gli affida il delicato incarico di reclutare nuove truppe. Ed è svolgendo questo ufficio che tra i molti volontari provenienti da tutte le regioni d’Italia, si presentano due siciliani spiantati che desiderano arruolarsi. Il primo, Domenico (Salvo Ficarra), è claudicante ma come dice ostentando sicurezza “se devo correre, corro” e ha fatto l’artificiere nelle feste di paese in giro per l’Italia; il secondo Rosario (Valentino Picone) è un giocatore di carte (e baro) che si spaccia per nobile veneziano, ma come il primo in realtà vive di espedienti. Ciò che spinge entrambi a partire non è il sacro fuoco del patriottismo o la sete di libertà e giustizia, ma l’assai più prosaico desiderio di tornare a casa, Domenico per ricongiungersi con la fidanzata e sposarsi, Rosario per sfuggire ai creditori. 

Nonostante le comprensibili perplessità del colonnello Orsini e del suo luogotenente Ragosin (Leonardo Maltese), i due vengono arruolati e si imbarcano a Quarto insieme ai Mille e con questi condivideranno, in tempi e modi piuttosto singolari, sorte e avventure. 

Film storico che dosa, non sempre con la giusta misura, dramma e commedia, il film di Andò ripercorre le tappe siciliane dell’impresa dei Mille attraverso il doppio punto di vista dell’integerrimo e disincantato Orsini e della coppia di scansafatiche Domenico e Rosario. Con lo sguardo del primo cogliamo la potente intensità dell’impresa, la sua carica ideale, la nobiltà e la disposizione al sacrificio dei protagonisti (da Garibaldi sino all’ultima delle camicie rosse) ma anche il dolore di una crescente disillusione; con gli occhi di Domenico e Rosario, due simpatiche canaglie che non esitano ad anteporre i loro interessi a qualsiasi altra cosa, Andò mette in luce tutte le disgrazie della guerra, la scarsità di cibo, le marce all’alba, la durezza degli scontri a fuoco, la crudeltà delle rappresaglie ma anche il carattere profondo degli italiani stessi, spesso disposti alla fuga e al compromesso pur di evitare guai e problemi. Ed infatti, pur senza nulla togliere al personaggio di Orsini, sono proprio Domenico e Rosario il vero valore aggiunto del film (come non pensare infatti alla coppia Sordi-Gassman de “La grande guerra” di Mario Monicelli), sono i due siciliani un po’ furbetti e un po’ vigliacchi (e un po’ eroi) a scrivere i momenti più pregnanti del racconto.

Peccato per un finale un po’ troppo anonimo e sospeso che non rende giustizia a quanto di bello si è visto sino a quel momento. Da vedere.