di Teddy Lussi-Modeste; con Francois Civil, Shain Boumedine, Toscane Duquesne, Mallory Wanecques, Bakary Kebe, 2024, Francia-Belgio, durata 91 minuti.
Peccato per il titolo italiano “Silenzio!”, troppo imperativo e assai poco evocativo, sarebbe stato meglio trovare qualcosa di più vicino all’originale “Pas de vagues” traducibile come “Non smuovere le acque”/“Non agitare le acque”, ma tant’è, perché ciò detto il film è decisamente interessante.
Racconto di una drammatica vicenda realmente occorsa a Teddy Lussi-Modeste che nella vita non è soltanto un regista ma è anche un professore di Lettere in un liceo della periferia parigina, il film, diretto e coinvolgente, è uno spaccato di vita quotidiana di potente intensità e di grande attualità in grado di toccare alcuni nervi scoperti della nostra società contemporanea. Docente dinamico e aperto in grado di andare oltre gli schemi consueti dell’insegnamento, Julien vive il proprio mestiere con grande serietà e partecipazione, i suoi allievi leggono e interpretano in classe le poesie e i racconti degli autori che stanno studiando e Julien fa di tutto per farli sentire parte di un gruppo dentro e fuori la scuola, e non mancano i momenti di socialità extrascolastica, il kebab o il panino consumato dagli studenti al bar insieme al professore. Tutto bene, sino a quando Leslie, un’allieva particolarmente chiusa e problematica con una difficile situazione familiare alle spalle accusa il professore di molestie sessuali. Julien di colpo precipita in un incubo, accusato di un crimine che non ha commesso e circondato da una crescente sfiducia, che in taluni sfocia nel disprezzo, in altri nel disinteresse, per tutti in una condanna.
Il film si apre in “media res” ed è un progressivo scivolare verso la catastrofe: Julien (uno strepitoso Francois Civil) viene accusato di molestie dalla ragazza, la classe si rivolta contro il professore, il dirigente codardamente non fa nulla per prendere in mano la situazione e difendere il suo insegnante mentre la famiglia della ragazza lo minaccia apertamente. Tutto questo senza che nulla in realtà sia accaduto e, soprattutto, senza che nessuno si ponga il problema di verificare la bontà, o meno, delle terribili accuse rivolte a Julien che diventa il capro espiatorio perfetto di una società conformista, giustizialista e bigotta che guarda ma non vede, sente ma non ascolta.
Julien è un uomo colto, un insegnante appassionato e anticonformista poco disposto a correre lungo i binari del tradizionalismo e quando viene alla luce anche una sua quieta e corrisposta relazione omosessuale, ecco che il cerchio si chiude. Intorno a lui gli spettri dell’omofobia, del pregiudizio e il sottile vento della calunnia si faranno sempre più vicini e insidiosi in un crescendo di tensione e dramma (e in sede di scrittura si sente la mano esperta di Audrey Diwan, grande sceneggiatrice e maestra della suspense) sino all’epilogo finale. Da vedere.