di Silvio Soldini; con Elisa Schlott, Max Riemelt, Alma Hasun, Nicolo Pasettti, Marco Boriero 2025, Italia, Belgio, Svizzera, durata 123 minuti.
In molti abbiamo pensato che l’eco funesto di certe vicende fosse qualcosa di definitivamente consegnato al passato, che il nazismo e il fascismo fossero pagine buie della nostra storia, da conoscere, indagare, condannare, ma in qualche modo consegnate per sempre alla Storia. Ma poi abbiamo scoperto con rammarico che non era così. Gli incubi del passato hanno smesso di essere tali e hanno preso il volto di presidenti (o è meglio dire presidentesse?) del Consiglio, di presidenti di nazioni al di là dell’Atlantico un tempo amiche e di uomini più ricchi del mondo; i partiti neo-nazisti e neo-fascisti hanno ricominciato ad incamerare milioni di voti, e quegli incubi sono ritornati di prepotenza tra noi e film come questi sono diventati drammaticamente necessari…
Liberamente tratto dall’omonimo (bel) romanzo di Rossella Postorino (vincitore del Premio Campiello 2018), il film di Silvio Soldini ci riporta lì e racconta in modo penetrante ed acuto una delle pagine più tragiche e paradossalmente meno note della dittatura nazista legata al singolare destino di sette donne e di un tiranno. Sette donne che a partire dai primi mesi del 1943 vengono reclutate per diventare le assaggiatrici dei quotidiani pasti del fuhrer. Al vertice del potere nella Germania nazista ma sempre più solo e sempre più affetto da una devastante paranoia, Hitler teme infatti di essere avvelenato e così ogni pietanza e pasto deve essere rigorosamente controllato. Le assaggiatrici sono ragazze del luogo, giovani donne tedesche forti e in salute il cui compito è esporsi al rischio quotidiano di morire, mangiando in un Paese che sta letteralmente morendo di fame. L’orrore della guerra è lì, palpabile, ma non immediatamente visibile, resta sullo sfondo e si fa carne e sangue del racconto. Rosa e le altre sei ragazze vivono una realtà disumana ma al contempo paradossale, in un Paese allo stremo a causa della guerra possono godere di piatti prelibati, il rischio però è quello, mangiare e poi, nel caso, morire. Ma saranno le inevitabili relazioni tra le “detenute speciali” e i carcerieri, in particolare tra Rosa (Elisa Schlott) e l’ufficiale delle SS Ziegler (Max Riemelt) a dare un’ulteriore svolta al racconto, ad offrirci un nuovo e inusuale sguardo sulle cose. I carcerieri sono tutti uomini, le cavie tutte donne, ma non è (soltanto) lungo la linea di genere che si delinea la differenza, perché la crudeltà non ha sesso, né età.
Ciò che il racconto mette in luce è l’universalità del Male e l’assurdità delle sue strade. Il male che annulla l’amore tra Rose e Ziegler, il male che annulla la solidarietà tra Sabine e Elfriede e che spingerà la prima a denunciare la seconda e tutte le ragazze a ignorare nel momento del bisogno Rosa e Elfriede. Il male che spinge Ziegler alla caccia e all’inseguimento della vittima, anche quando tutto è ormai perduto. Ed è lì, in quello sguardo ultimo e sconsolato di Rose che tornano ad echeggiare la massima del Pierkè Avot “se io non sono per me, chi è per me? E se non ora, quando?”.
Da non perdere.