È stata una sorpresa la sua elezione e una sorpresa il nome! E le sorprese aprono squarci, producono sentieri e aiutano a riconsiderare e ricomprendere figure e storie che a volte lasciamo cadere nell’oblio. Roberto Francesco Prevost, l’outsider d’America, da Chicago, è una personalità poco conosciuta, ma presenta uno spessore non indifferente a livello culturale, sociale ed ecclesiale: religioso agostiniano, missionario, uomo dei poveri, molto preparato intellettualmente e uomo di governo equilibrato. Seguendo con attenzione la sua biografia, soprattutto negli ultimi dieci anni, si nota come sia stata assolutamente segnata e scandita dalle decisioni di Papa Francesco che prima lo ha voluto vescovo in Perù (novembre 2014), poi Prefetto del Dicastero per i Vescovi (gennaio 2023) e infine cardinale (settembre 2023), quasi che sia stato lui a portarlo al conclave perché fosse eletto suo successore. Un uomo di Francesco, dunque, ma sicuramente come Francesco un uomo con uno stile suo proprio, un atteggiamento libero, addirittura con un nome totalmente inaspettato, sorprendente: Leone XIV. Il nome che il Papa sceglie esprime sempre in qualche modo, almeno in parte, il carattere fondamentale del suo pontificato. Certo non si possono anticipare contenuti e gesti, sarebbe improprio, tuttavia possiamo intuire, interpretare, rimanendo aperti a recepire quel che avverrà. Il nome Leone, a mio avviso, evoca Leone Magno (390-461), uno dei più grandi papi della storia, non solo perché ha fermato Attila, ma anche perché è il Papa che ci ha lasciato una notevole ricchezza dottrinale e liturgica a cui noi oggi ancora attingiamo. Con la sua opera Leone I contribuì in modo decisivo al Concilio di Calcedonia (451), definendo la dottrina cristologica delle due nature di Cristo, umana e divina. Il suo contributo venne salutato allora con questa espressione: “Pietro ha parlato per bocca di Leone”. È certo, comunque, che il nome assunto da Papa Prevost è legato alla figura e all’opera di Leone XIII (1878-1903). Lo ha rivelato lo stesso Papa nell’incontro con i cardinali: Leone XIII con la Rerum Novarum (Il desiderio delle realtà nuove, enciclica del 1891) “affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”. C’è però un altro scritto di Leone XIII che forse rappresenta un ulteriore orizzonte in cui Leone XIV dovrà operare, proprio in quanto statunitense, l’orizzonte è indicato dall’enciclica Longinqua Oceani (Le distanze dell’Oceano), datata 6 gennaio 1895: Leone XIII scriveva, infatti, all’Episcopato degli Stati Uniti circa la situazione della Chiesa americana in rapporto allo stato e alla società. Un documento che lodava l’intraprendenza e la vivacità della chiesa americana, e che al tempo stesso la richiamava a mantenere la sua identità cristiana di chiesa, senza troppo concedere ai criteri politico culturali del tempo. La chiesa statunitense troverà in Leone XIV, il primo Papa nordamericano della storia, il discernimento e le indicazioni di cui ha bisogno nel tempo odierno per esprimere sempre meglio la sua natura missionaria. Infine, mi piace pensare che il nome Leone evochi anche la figura di frate Leone, l’amico di San Francesco! Colui che lo ha accompagnato e sostenuto nei suoi passi. San Francesco lo chiamava “Pecorella di Dio” per la sua semplicità e tenerezza. Nel nostro mondo c’è bisogno di semplicità, tenerezza, e anche di fermezza. Papa Leone XIV, per la sua storia personale e per il nome che si è scelto, sembra incarnare queste caratteristiche fondamentali nei suoi primi atti, e per questo sono già un dono per tutta la chiesa e il mondo intero. Ad multos annos, Leo!
Don Pierangelo Chiaramello