Luigi Maria Raineri

Testimoni del Risorto 21.11.2018

Un tenente mitragliere è sulla strada della beatificazione: il Papa lo ha dichiarato venerabile lo scorso 7 novembre, a cento anni dalla morte, avvenuta ai piedi del Grappa venti giorni dopo la fine “ufficiale” delle ostilità. Infatti, la morte di Luigi Maria Raineri non è stata cruenta, ma a seguito di malattia, che comunque nulla toglie al suo eroismo, essendo anch’egli una “vittima del dovere” vissuto fino alle estreme conseguenze. I familiari lo ricordano “un bimbo traffichino, toccatutto, un argento vivo”, che vede la luce in Torino il 19 novembre 1895. In famiglia si respira fede a pieni polmoni e forse anche per questo sono ben cinque, su sette figli, a seguire la vocazione religiosa, mentre un ottavo muore fanciullo. Per via di uno zio domenicano, tre fratelli maggiori entrano dai Domenicani, mentre Luigi viene rifiutato: lo zio, infatti, esaminando le sue pagelle di 1ª e 2ª elementare, ha dedotto che non è “sveglio come gli altri”: avrà tutto il tempo di pentirsene in seguito. In effetti, è un po’ svogliato e il suo andamento scolastico è altalenante, ma ci pensa la Prima comunione a rimettere le cose a posto, perché da quel giorno migliora in tutto. “Ho cambiato radicalmente il mio carattere e sono diventato più diligente nei miei doveri e nello studio”, scrive tutto soddisfatto del cambiamento che egli stesso avverte. Forse è anche merito dei Fratelli delle Scuole cristiane, dove ha iniziato ad andare a scuola e tra i quali entrerà il suo quarto fratello, mentre Luigi finisce tra i Barnabiti “per caso”, dopo il ginnasio: sua mamma ha conosciuto la mamma di padre Semeria ed a lui vien voglia di assomigliare a questo grande barnabita, di cui sente parlare in casa. Vi entra con il suo bagaglio di riservatezza, compostezza e buona volontà, disposto per il resto a lasciarsi modellare e plasmare. Si orienta subito verso l’esatto compimento del proprio dovere, prima di studente e poi di novizio, come via privilegiata verso la santità, cui si sente chiamato ed a cui aspira. “Non sarò felice se non sarò santo”, scrive e cerca di mettere in pratica questo suo esigente proposito vivendo tutto con gioia e con il sorriso sulle labbra. Mentre l’Europa è già scossa dalla Prima guerra mondiale e l’Italia medita di rompere la propria neutralità, Luigi viene chiamato alla leva: dichiarato rivedibile due volte per la sua cagionevole salute, alla terza visita è arruolato, malgrado la sua insistente preghiera al beato (allora!) Francesco Saverio Maria Bianchi, “lo specialista nel liberare dal servizio militare”. Tocca appena la caserma e subito lo mandano in licenza, e non una volta soltanto, sempre per via della salute: ne approfitta per continuare a studiare come può, sostenere esami, crescere nella perfezione, grazie anche a direttori spirituali d’eccezione e un incontro a Tortona con don Orione. In caserma, che per tradizione non è un ambiente permeato di grande religiosità, si accorgono per forza di cose del suo passaggio: lo chiamano “il santino” e non solo per dileggiarlo, dato che con la sua sola presenza riesce ad allontanare discorsi grossolani, parole oscene e comportamenti violenti. Ha ascendente su molti commilitoni e ne approfitta per suggerire un buon proposito, consigliare, incoraggiare. Prima di essere mandato sul Grappa sosta anche per un mese a Bra, lo promuovono tenente e gli fanno fare il corso da mitragliere. “Se mi dovesse capitare che una palla tedesca mi colpisse, io faccio bel bello un volo e vado nelle braccia di Dio e la Madonna mi aiuterà a fare bene il volo”, scrive ai genitori, certamente consapevole di rischiare la vita. Sul Grappa lo rimandano invece il 14 novembre 1918, a guerra conclusa e al posto di congedarlo, solo che gli fanno montare la guardia per due ore a Castelcucco, sotto una gelida tormenta. Abituato com’è a far bene il proprio dovere come novizio e come militare, esegue senza batter ciglio, buscandosi una bella broncopolmonite, che ne determina il ricovero nell’ospedaletto di Crespano, dove muore il 24 novembre.