Madre Eugenia Picco

Testimoni del Risorto 17.09.2014

Difficile trovare un ambiente familiare più disastrato di quello toccato ad Eugenia. E se ne parliamo è soltanto per dire, partendo da lei e dall’inaspettato lavoro della Grazia compiuto nella sua persona, che nessuno è autorizzato a disperare, perché Dio lavora anche là dove meno te lo aspetti. Il papà di Eugenia è un valente musicista non vedente, che collabora con “La Scala” di Milano. Mamma è una cantante, la cui bravura è almeno pari alla sua frivolezza. Artisticamente parlando, forma con il marito una coppia perfetta, spesso in tournée, in Italia e all’estero; peccato che, molto più del marito, lei ami la fama, i soldi e il successo, per cui da una di queste tournées in Russia torna da sola, facendo credere a tutti che il marito è morto durante il viaggio. Nessuno della famiglia avrà più notizie di lui e solo molto più tardi si scoprirà che, abbandonato dalla moglie, il celebre musicista non aveva più avuto il coraggio di tornare ed era salpato per l’America insieme ad un’altra donna. Eugenia è perennemente parcheggiata dai nonni e un bel giorno viene “rapita” da mamma e costretta ad andare a vivere a Milano, in casa del suo convivente, lo stesso per il quale aveva lasciato il marito. Cresce bella, intelligente, artisticamente dotata, con mamma che le riversa addosso tutte le frustrazioni per la propria carriera interrotta e sogna per lei un futuro da cantante lirica. Ed intanto ha il suo bel daffare per difendersi dalle continue avances del convivente della madre. Le liti in casa sono all’ordine del giorno ed Eugenia esce esasperata dal clima teso che si respira in famiglia e con il resto della parentela. Neppure nella relazione sentimentale, che intrattiene dall’età di quattordici anni, trova la necessaria serenità ed a volte, al limite della sopportazione, cerca rifugio in chiesa. Un inaspettato momento di luce le arriva sui 19 anni, al culmine dell’ennesima lite familiare, in un momento di preghiera, che è quasi un grido di disperazione, davanti al quadro posto al di sopra del suo letto: quasi una lama di luce che la trapassa e le fa ardentemente desiderare la santità. La sua vita cambia radicalmente e si orienta verso la vocazione religiosa, che la madre ovviamente contrasta con tutte le sue forze: per la ragazza sono mesi di passione, nei quali, oltre alla preghiera, suoi unici appoggi sono le suore Orsoline dell’oratorio che frequenta, e un sacerdote che queste le fanno conoscere. Se sull’autenticità della sua vocazione nessuno nutre dubbi, più incerta è la scelta della congregazione in cui attuarla. Prudentemente, le Orsoline, troppo vicine alla sua abitazione dove si continua ad avversare il suo ingresso in convento, la dirottano sull’ancor giovane congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria di Parma. È lo stesso fondatore, don Agostino Chieppi (oggi dichiarato venerabile), ad accoglierla il 31 agosto 1887, quando lei arriva a Parma dopo essere fuggita di casa con l’aiuto dei parenti di papà. Semplice, umile, fedele e generosa serve la congregazione: prima come insegnante nel Convitto, poi come maestra delle novizie, successivamente in qualità di archivista, di segretaria generale e di consigliera. Nel giugno 1911 viene eletta superiora generale e rimane in carica fino alla morte. Fa voto di compiere con perfezione serena e tranquilla i suoi doveri di superiora, e i risultati si vedono. Mentre, forse ricordando l’esperienza della sua adolescenza, si preoccupa molto per la formazione della donna e per l’inserimento delle ragazze nel mondo lavorativo, durante la Prima Guerra spalanca le porte della Congregazione per soccorrere i militari e gli orfani dei caduti. Dalla contemplazione dell’eucaristia nasce il programma della sua vita di religiosa: “Come Gesù ha scelto il pane, cosa tanto comune, così deve essere la mia vita, comune… accessibile a tutti e, in pari tempo, umile e nascosta, come è il pane”; tre soli i suoi propositi: “Purezza per piacere a Gesù, umiltà per me, carità per gli altri”. Il suo fisico è minato dalla tisi ossea, con dolori lancinanti in mezzo ai quali continua a sorridere, spiegando che “se eucarestia significa rendimento di grazie si può ringraziare solo con il sorriso”. Subisce l’amputazione di una gamba, ma continua dalla sedie a rotelle il suo generoso servizio di Superiora generale, fino alla morte, che sopraggiunge il 7 settembre 1921, ad appena 54 anni. Il 7 ottobre 2001 Giovanni Paolo II ha beatificato madre Eugenia Picco, la ragazza che era riuscita a far della sua vita un capolavoro di santità, malgrado la sua famiglia.