Matilde Chelhot

Testimoni del Risorto 23.03.2016

Un marito, tanti soldi, neanche un figlio. Anzi, no: tanti figli, a centinaia addirittura, tanti da far invidia alla più prolifica delle madri. È questa, in estrema sintesi, l’esperienza della siriana Matilde Chelhot, nata ad Aleppo il 15 novembre 1904, andata sposa a 18 anni all’audace ed intraprendente uomo d’affari Giorgio Salem, più grande di lei di 16 anni. Lei, oltre che giovane, è anche bella, ammirata e corteggiata. Non ci sono dubbi che il suo sia un matrimonio d’amore, anche se non sarà una continua luna di miele. Si accorge ben presto, infatti, di aver sposato un uomo possessivo, autoritario, dalla forte personalità e finanche geloso, che lei riesce a curare esclusivamente a massicce dosi d’amore e facendo abbondante uso di eroica pazienza, sopportandone gli scatti, correggendone gli abusi, accettandone le intemperanze, fino ad interporsi come mediatrice nei rapporti con il suocero, che, fatto evidentemente della stessa pasta, è spesso in contrasto con il figlio. Non possono avere figli e ne patiscono entrambi e questo spiega anche, almeno in parte, il pessimo carattere di Giorgio, che un giorno arriva anche a dubitare dell’amore di Matilde, pur senza averne alcun motivo. Per tutta risposta, lei raddoppia le sue attenzioni e le sue premure nei confronti del marito, adattandosi anche a accompagnarlo nei suoi frequenti viaggi d’affari e frequentando le sue riunioni aziendali. Quando poi il diabete inizia a minare la salute di Giorgio, dando luogo a sempre più frequenti attacchi cardiaci, diventa anche la più affettuosa delle infermiere, seguendolo passo passo con la terapia per scongiurare l’irreparabile, che invece si verifica il 26 ottobre 1944, in modo improvviso come si temeva. Vedova ad appena 40 anni, con inalterata la bellezza della sua giovinezza, comincia a ricevere allettanti proposte di matrimonio, che forse potrebbero ancora soddisfare la sua sete di maternità e che invece rifiuta per restar fedele alla sua storia di amore con Giorgio, durata 22 anni, e all’impegno che le ha lasciato. Prima di morire, infatti, ha voluto fondare una scuola professionale per la formazione di lavoratori cristiani, che si è ingrandita e dotata di un ospedale, una chiesa, un asilo e tante abitazioni per i lavoratori. Un villaggio in piena regola, di cui Matilde si sente responsabile e del cui funzionamento si prende personalmente cura. Viene a Torino per trattare direttamente con i Salesiani, cui vuole affidare la gestione di tutto il complesso, e quando i figli di don Bosco arrivano ad Aleppo lei diventa la “mamma Margherita” dell’Istituto: cuce, stira e rammenda, come la più affettuosa delle mamme, i poveri vestiti delle centinaia dei suoi piccoli ospiti. Messa, comunione e meditazione quotidiane mettono le ali alla spiritualità di questa donna forte, determinata, lungimirante, venerata dai cattolici come una santa e considerata dai musulmani come una “eletta da Dio”, tutti abituati a bussare alla sua porta ed a trovare sempre aiuto, di qualunque religione siano e di qualsiasi cosa abbiano bisogno. Si dice che non ci sia istituzione benefica di cui lei non faccia parte o che non riceva da lei un sostegno: impegnata nella società catechistica, è anche attivissima nelle conferenze di San Vincenzo; organizzatrice delle colonie estive per i ragazzi poveri ed abbandonati, è anche vicepresidente della Croce Rossa e sostenitrice della beneficenza islamica, così come è impegnata nell’opera di riabilitazione dei giovani  carcerati e nella prevenzione del disagio giovanile secondo il più autentico spirito salesiano. “Grazie, mio Dio”, sussurra nel 1959, quando le viene diagnosticato un cancro, anche se, come tutte le persone “normali”, attraversa momenti di sconforto e si sottopone a tutte le cure del caso, dagli interventi chirurgici alle chemioterapie. A favore dei suoi poveri si spoglia di ogni suo avere per poter dire, al momento della morte, di non essere neanche più proprietaria della stanzetta in cui esalerà il suo ultimo respiro. Mentre lentamente sale il suo calvario, la sentono a più riprese offrire la sua vita per l’unità dei cristiani, per la santificazione dei sacerdoti e per la prosperità dell’opera fondata da suo marito. Spira il 27 febbraio 1961, tra la luminosità e la purezza dei fiocchi di neve che, estremamente rari in quel periodo, scendono su Aleppo. Nel 1995 è stata avviata l’inchiesta diocesana per la sua beatificazione, in conseguenza della perdurante fama di santità che in Siria continua a circondare questa donna eccezionale.