Germania Mundial, quando il collettivo fa la differenza

Quarto titolo mondiale per la Germania. Non un singolo “panzer”, bensì la “squadra” tedesca ha spazzato via tutti gli altri pretendenti, nessuno eccellente…

È un calcio con la tuta da catena di montaggio della Volkswagen quello che ha battuto la (presunta) fantasia argentina, i piedi buoni di Messi, la gloriosa (almeno in campo) eredità di Maradona. Ed è lo stesso calcio “finalizzato”, a tratti un po’ noioso, che aveva travolto i funambolici (almeno sulla carta) attaccanti brasiliani. Certo, la realtà non è mai tutta bianca o tutta nera, e anche il football va letto in scale di grigio e in colori cangianti. Resta il fatto che organizzazione, potenza, qualche ruvidezza, lavoro sodo e sudore hanno portato ancora una volta la nazionale tedesca in cima al mondo. I Mondiali 2014 si chiudono come tanti commentatori sportivi avevano previsto: vittoria di quadricipiti, lanci lunghi e stoccate sotto rete; le punizioni raffinate e i dribbling di classe si sono visti raramente sui campi brasiliani.
Questa compagine teutonica che regala il quarto titolo planetario alla gente di Germania non è la migliore di tutti i tempi. E, senza fare i nostalgici, di Franz Beckenbauer, Paul Breitner, Gerd o Hansi Müller, Karl-Heinz Rummenigge non ce ne sono. Certo, i vincitori hanno messo in campo buone individualità - tre nomi su tutti, Miroslav Klose, Thomas Müller, Toni Kroos -, ma è il collettivo che ha fatto la differenza. Non un singolo “panzer”, bensì la “squadra” tedesca ha spazzato via tutti gli altri pretendenti, nessuno eccellente a dire il vero…
Forse anche per questo i neo campioni sono la metafora di un Paese che, crisi o non crisi, negli ultimi anni si è ancora una volta rimboccato le maniche, ha tirato dritto sul piano del lavoro e della modernizzazione, ha badato al sodo, ha accelerato la corsa anche quando non sarebbe stato male mostrare un passo tale da non lasciare indietro nessuno dei suoi partner politici ed economici, ovvero l’Europa nel suo insieme. 
La Germania “motore d’Europa” è fatta così. Non è esente da difetti, mostra un volto talvolta arcigno, ma resta pur sempre un esempio virtuoso di comunità-Paese che non vuol mai perdere il treno. Portandosi a casa, spesso e volentieri, Coppe dorate e Pil da record.