
“La ricchezza di questa nostra storia conferma che la sinodalità, come stile, metodo e cammino, è perfettamente coerente con un percorso che abbraccia cinque decenni, tanto più per la consapevolezza di un ‘cambiamento d’epoca’ in atto”. Introducendo i lavori della 74ª Assemblea generale dei vescovi italiani – in corso all’Hotel Ergife di Roma fino al 27 maggio – il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, ha tracciato un ampio excursus sulla storia della Chiesa italiana, a partire dalla prima assemblea generale e passando per piani pastorali e convegni decennali. “Come nei primi Anni Settanta, così oggi la Chiesa che è in Italia è chiamata a un discernimento che generi conversione, comunione e corresponsabilità”, l’impegno assunto a nome della Cei rivolgendo “un pensiero affettuoso e devoto a Papa Francesco, che ieri ha aperto l’assise episcopale. “Disegnare forme rinnovate è la nostra responsabilità odierna”, ha spiegato Bassetti: “La Chiesa che è in Italia – la nostra Chiesa, le nostre Chiese – non è mai stata e mai sarà in contrapposizione a Pietro, al Suo Magistero, alla Sua Parola. Per questo, oggi, come è sempre avvenuto nella nostra storia, ci sentiamo chiamati a vivere la sinodalità, a disegnare un cammino sinodale”. Un cammino, non un semplice evento, “perché in gioco è la forma di Chiesa a cui lo Spirito ci chiama in particolare per questo tempo”.
La sfida che attende i vescovi è allora quella di “mettere in campo percorsi sinodali capaci di dare voce ai vissuti e alle peculiarità delle nostre comunità ecclesiali, contribuendo a far maturare, pur nella multiformità degli scenari, volti di Chiesa nei quali sono rintracciabili i tratti di un 'Noi' ricco di storia e di storie, di esperienze e di competenze, di vissuti plurali dei credenti, di carismi e ministeri, di ricchezze e di povertà”. “È uno stile che domanda una serie di scelte che possono concorrere a rappresentare la forma concreta in cui si realizza la conversione pastorale alla quale Papa Francesco insistentemente ci richiama”, ha osservato il cardinale: “È uno stile che vuole riconoscere il primato della persona sulle strutture, come pure che intende mettere in dialogo le generazioni, che scommette sulla corresponsabilità di tutti i soggetti ecclesiali, che è capace di valorizzare e armonizzare le risorse delle comunità, che ha il coraggio di non farsi ancora condizionare dal ‘si è sempre fatto così’, che assume come orizzonte il servizio all’umanità nella sua integralità. È un cambio di rotta quello che ci viene chiesto: le possibili tappe del ‘cammino’ ci permetteranno di familiarizzare con questo stile, perché esso possa arrivare a permeare il quotidiano dei nostri vissuti ecclesiali”. La prima strada da intraprendere, per il presidente della Cei, è quella del “noi ecclesiale”: “un Noi ecclesiale allargato, inclusivo, capace di favorire un reciproco riconoscimento tra i credenti”, un “cammino di popolo” che ha bisogno di “una responsabilità condivisa da parte di tutti”, compresi i laici e le laiche e tutti coloro che “sono presenti nei mondi della cultura, della politica, dell’economia”. Servono “riconciliazione ecclesiale” e “riconciliazione col mondo”, che è sinonimo di empatia: no ad estremismi e violenze, sì a “ponti di comprensione con tutti”... continua a leggere

(fonte SIR)

























