
Il suono registrato del “jobel”, il corno d’ariete che segnava l’inizio del Giubileo per il popolo ebraico, ha marcato anche l’inizio della celebrazione del Giubileo della speranza nel carcere di Fossano. Un centinaio di persone sabato mattina 11 gennaio si sono date appuntamento nel cortile del “S. Caterina” che dà su viale Alpi. C’erano le autorità carcerarie (con la direttrice Assuntina Di Rienzo, la garante dei diritti dei detenuti Michela Revelli e agenti della Polizia penitenziaria), i rappresentanti del Consiglio comunale di Fossano (con il sindaco Tallone) e del Consiglio regionale, operatori carcerari, volontari, laici e sacerdoti della comunità diocesana. A presiedere la celebrazione il vescovo Piero Delbosco, a guidarla don Damiano Raspo, ad animare i canti il coro parrocchiale di Sant’Antonio.
L’apertura del Giubileo nella casa di reclusione è stata scandita da tre tappe, con canti, segni e parole: dentro e fuori, dall’ascolto alla comunità; li lieto annuncio e la Porta, sogno di un’unica fraternità; la misericordia, la corda e l’àncora. A legare tutti i partecipanti una corda, simbolo di “connessione” fra chi sta fuori e chi sta dentro, che li ha accompagnati attraverso due cortili in un “pellegrinaggio di speranza” fino alla cappella del carcere.
Dopo la prima tappa solo un gruppetto è entrato all’interno della casa di reclusione, per proseguire il rito insieme ai detenuti. Gli altri hanno fatto rientro in Duomo dove, insieme al vicario diocesano per la pastorale don Flavio Luciano che già aveva introdotto la celebrazione (nella foto), hanno continuato il pellegrinaggio di speranza in preghiera.
A dare senso all’intero percorso celebrativo un brano di vangelo: la parabola del Padre misericordioso narrata nel cap. 15 del vangelo di Luca. “Tutti abbiamo bisogno di un abbraccio: di darlo e di riceverlo – ha detto Juri Nervo, educatore torinese che lavora con i detenuti a progetti di giustizia riparativa -. Il cambiamento (del cuore innanzitutto) nasce sempre da un abbraccio accolto”.
Un cambiamento che deve manifestarsi concretamente anche nella comunità locale, ecclesiale e civile. “C’è bisogno di volontari in carcere – ha detto il condirettore della Caritas diocesana Nino Mana – e, soprattutto, occorre crescere nella capacità di offrire opportunità e percorsi a chi esce dal carcere perché possa reinserirsi nella comunità. Ma per aiutare chi ha sbagliato occorre cambiare mentalità, spostando l’attenzione dal reato al reo e incoraggiando percorsi di giustizia riparativa”.
A tutti i partecipanti è stato infine distribuita una collanina con un’àncora: “Abbiamo bisogno di rimanere ancorati al Signore: è questo il Giubileo” ha detto il vescovo prima della benedizione finale.
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