Ci sono modi diversi di sentire. C’è il sentire nel senso stretto di udire, avere la facoltà dell’udito. C’è poi l’ascoltare che è un udire attento (magari ascoltare un consiglio e comportarsi di conseguenza). E poi c’è il sentire come sensazione personale o condivisa. Sabato scorso un concerto organizzato a Fossano in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne è stato “ascoltato” anche dai non udenti, grazie alla traduzione nella lingua dei segni. Per molti presenti un’esperienza nuova e particolare, un mondo che si apre, inaspettato. E così la musica, che per antonomasia è legata all’udito, ha dimostrato di poter arrivare anche a chi non ha questa facoltà. Dopo quell’esperienza che per i sordi è la normalità, verrebbe da rivedere il significato del sentire e dell’ascoltare. Forse non è solo questione di musica, o forse la musica non è soltanto quello che pensavamo, fatta di aria e vibrazioni che diventano note. Forse c’è qualcosa di più grande ancora e che unisce davvero tutti. Il sentire, o meglio il sentirsi vicini e uniti al di là delle differenze e addirittura del modo diverso di quel “sentire”. L’empatia del riconoscersi umani e qualcuno direbbe anche “fratelli”. Del resto, così come la musica anche la vita è una vibrazione, come il battito del cuore. Sarebbe bello se iniziassimo ad ascoltarci gli uni gli altri al di là del modo diverso di essere, di vedere, di pensare. C’è tanta strada da fare. Ma ci sono esperienze che danno speranza come quella di un concerto in cui si è sperimentato il “sentire” in un modo profondo e sorprendente.























