Molti lo conoscono dai tempi dell’infanzia, alcuni ne hanno solo sentito parlare, altri non sanno chi sia. Con tutti, però, padre Aurelio Gazzera (missionario carmelitano di origine cuneese, ordinato vescovo per la diocesi di Bangassou, in Centrafrica, il 9 giugno scorso) si relaziona con il suo stile semplice, diretto ed affabile. Lo fa in questa “trasferta” italiana del mese di luglio, incontrando i suoi famigliari residenti tra Cuneo e Fossano, la famiglia spirituale da cui proviene (quella dei missionari Carmelitani scalzi di Arenzano) e presenziando alcuni momenti liturgici. Come quello di sabato 13 luglio a Cuneo, in occasione della processione della Madonna del Carmine (nella foto in alto), e di domenica 14, con la celebrazione eucaristica nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, in cui ha mosso i suoi primi passi di fede.
“Nel passato ci sono le nostre radici - ha detto - e i semi che ho ricevuto hanno poi dato i loro frutti” fino a diventare vescovo. Una nomina. ha aggiunto, “di cui ho avuto e ho ancora paura per questo ministero carico di responsabilità”. In una diocesi “grande come mezza Italia”, con 13 parrocchie, di cui due ancora chiuse per la guerra civile, strutturate in numerosi villaggi circondati dalla foresta, con tante difficoltà strutturali ed economiche che padre Aurelio si limita ad accennare nell’omelia. Ma dove “la gente comunque non si abbatte e si dà da fare per costruire”, animata da tanta gioia e speranza che esprime anche “cantando”.
“Sapevo pochissimo di Bangassou. Conoscevo il suo vescovo e sapevo che quella non è una zona di riposo. Ho detto il mio sì - ha continuato padre Aurelio - sapendo di poter contare sulla preghiera di molti”. Sono in tanti, infatti, a salutarlo alla fine della messa, dimostrando un legame affettivo col territorio che non è mai venuto meno, e che continuerà a sostenerlo in vari modi.
“Sentiti sempre a casa quando passi a Cuneo”, gli ha detto il vescovo Piero Delbosco, e padre Aurelio, nel benedire i cuneesi, ha ricordato loro “di non dimenticarsi mai dei poveri”.

























